La mala sanatoria

Inchiesta uscita sul blog Terre di Mezzo

La mala sanatoria
Un flop per le casse dello Stato. Un’occasione d’oro per i truffatori. Un viaggio nei guai di una legge-tampone.

L’istantanea migliore per spiegare cosa sia stata la sanatoria 2009 per colf e badanti, conclusa in 30 settembre scorso, è quella che ritrae la dottoressa Gatto: alta, bionda , sfacciata. “Risentiamoci a novembre -mi dice a sanatoria appena conclusa, stringendomi la mano sulla soglia del suo ufficio, a Milano-. Se ci sono novità su una proroga della legge, magari riusciamo a fare qualcosa…”. Il “qualcosa” è la vendita illegale di un documento di regolarizzazione, che servirebbe a un mio amico. La Gatto ne ha falsificati molti nelle settimane passate, vendendoli a peso d’oro a immigrati irregolari. Si tratta di un reato grave. Ma questa signora ossigenata ha la faccia tosta di chi la farà franca: nessun immigrato senza documenti potrebbe denunciarla, senza venire espulso.


Tornare oggi su quello che è stato il provvedimento di sanatoria di settembre, raccontarne il backstage e guardare insieme la “moviola” dei passaggi salienti, è un esercizio utile: serve a spiegare a che punto siamo nel Governo dell’immigrazione in Italia. I provvedimenti votati dal Parlamento sono efficaci? Portano a una maggiore integrazione? Costruiscono un Paese più sicuro?

Programmi di governo
La prima domanda da porsi, però, è questa: perché il Governo più restrittivo in fatto di immigrazione che il nostro Paese abbia mai avuto, decide di fare una sanatoria? Per capirlo, saltiamo come gamberi nel mezzo della torrida estate: il 15 luglio diventa legge (n.94/2009) il cosiddetto “pacchetto sicurezza” che introduce, tra l’altro, il reato di “ingresso e soggiorno illegale in Italia” o, più comunemente, di “clandestinità”. Un provvedimento severo. Ci si rende conto subito, però, che il nostro sistema giudiziario rischia il corto circuito: secondo stime condivise anche in ambiente governativo, infatti, i cosiddetti “clandestini” sarebbero più di 700mila, forse un milione; la metà sono colf e badanti.

La nuova legge, che entrerà in vigore l’8 agosto, trasforma in delinquenti, assieme agli immigrati irregolari, anche datori di lavoro e affittuari italiani. Processi e carcere per tutti. Il Governo corre ai ripari: il 3 agosto diventa legge la cosiddetta “manovra d’estate”, nella quale -oltre al Tremonti Ter che detassa gli utili reinvestiti dalle imprese- viene inserito sul filo di lana anche il provvedimento di sanatoria per il “lavoro domestico”. Già il giorno dopo, la Gazzetta Ufficiale ne pubblica il testo; e il 5 agosto, appena tre giorni prima del “pacchetto sicurezza”, il provvedimento entra in vigore. Nelle case italiane, un sospiro di sollievo: tutti salvi, lavoratori e datori di lavoro-elettori.

Il secondo motivo per cui il Governo promuove la sanatoria, con la crisi che infuria, è però di tipo “economico”. I tecnici al lavoro nella canicola di luglio prevedono che, dal 10 al 30 settembre, saranno inviate almeno 500mila domande di regolarizzazione. Che significa, un totale di 250 milioni di euro immessi subito nelle casse dell’Inps (a copertura dei contributi pregressi), e di altri 340 milioni di incasso nell’ipotesi che tutte le pratiche vadano a buon fine (con una media di quattro mesi di contributi da versare alla firma del contratto in Prefettura). Un affare di quasi 600 milioni di euro, puro ossigeno alla nostra cassa-pensioni.Una finestra troppo stretta
Fatta la premessa, ecco i risultati della sanatoria: secondo il ministero dell’Interno, alla mezzanotte del 30 settembre, sono state 294.744 le domande inviate dai datori di lavoro (200mila in meno di quelle attese). Che equivalgono, in termini monetari, a quasi 148 milioni di euro già versati; per raggiungere un totale di 348 milioni di euro, quando sarà firmato anche l’ultimo contratto di lavoro. Un discreto fallimento: 250 milioni di euro in meno del possibile incasso. In un’azienda privata sarebbe saltato l’amministratore delegato.

La sanatoria che tutti attendevano -immigrati, datori di lavoro e pure il ministero delle Finanze-, dunque, non ha funzionato a dovere. Perché? Una delle critiche mosse da patronati e associazioni di categoria, riguarda le condizioni del contratto indicate dal ministero dell’Interno per la sanatoria: condizioni “fuori mercato”.

Il contratto prevedeva un minimo di 20 ore settimanali (quando mai una colf lavora 20 ore alla settimana nella stessa famiglia?) e un minimo di 20mila euro di reddito per il datore di lavoro single. Il risultato, secondo gli addetti, è stato la rinuncia da parte di molti datori di lavoro di accedere alla sanatoria; e la permanenza nell’irregolarità di altrettanti immigrati. Una finestra troppo stretta che ha comportato meno immigrati regolari e meno incasso per lo Stato. Una legge, insomma, che non ha compreso il mercato reale del lavoro.

La fiera delle falsità
Il guaio, però, è soprattutto quello che è avvenuto dietro le quinte a causa di questa “finestra troppo stretta”. Le colf e le badanti “scaricate” dai datori di lavoro hanno cercato, in ogni modo, qualcun’altro che le assumesse per ottenere i documenti di cui avevano diritto. E assieme a loro hanno cercato di trasformarsi in colf, i circa 300mila irregolari che oggi, in Italia, hanno un impiego in nero “non domestico” e non potevano, per legge, partecipare alla sanatoria: artigiani, operai, muratori, addetti dell’industria e dell’agricoltura. Dall’8 agosto sono diventati clandestini, passibili di carcere. Chi ha potuto ha partecipato, allora, alla “fiera dei documenti falsi”. Secondo il ministero dell’Interno, negli ultimi tre giorni della Sanatoria (28-30 settembre) sono state inviate 80.250 domande, ben il 27,2 per cento del totale. E proprio negli ultimi tre giorni i patronati hanno registrato agli sportelli i casi più inverosimili, con punte di grottesco, disperazione, illegalità, specchio del mondo variegato dell’irregolarità straniera.

Il 29 settembre, penultimo giorno della sanatoria, trascorro l’intera giornata al patronato Cisl di via Tadino, a Milano, città che registra il record delle domande di regolarizzazione, 43.393, il 14,7 per cento del totale nazionale. Dalle 9 del mattino all’orario di chiusura passano 150 persone. Una signora filippina chiede se può fare la sanatoria per la zia, che ha 77 anni ed è irregolare: una colf in “età di pensione”? La signora viene gentilmente scoraggiata dagli operatori. Un signore peruviano vuole assumere un connazionale come baby-sitter per i suoi figli, ma si accorge di non avere tutti i documenti proprio allo sportello. Un ragazzo del Bangladesh chiede informazioni con la ricevuta già stampata. Dice che il suo “datore di lavoro” gli ha chiesto altri mille euro. Alla fine salta fuori che si tratta di un pensionato incontrato ai giardinetti: si presta come datore di lavoro ma in cambio vuole un aiuto per arrotondare la pensione.

Copia e incolla su carta ministeriale
Arrivano anche extracomunitari “truffati”. Ovvero quelli che hanno pagato dai mille ai 10mila euro per ottenere un documento falso. Mamadou, senegalese, si è fidato di un sedicente “consulente del lavoro” italiano, di cui mi fa vedere tanto di biglietto da visita. Mamadou gli ha versato una prima tranche di mille euro ottenendo una falsa ricevuta del ministero dell’Interno: si tratta di un documento “collage”, un taglia e incolla di dati mal scritti, su carta intestata del Ministero. Una truffa grossolana, compiuta anche grazie alla complicità di un senegalese che portava al consulente i polli da spennare. Qualche giorno dopo la fine della sanatoria, vado all’indirizzo indicato sul biglietto da visita: un complesso di uffici nella periferia di Milano. Ma del consulente, neanche l’ombra. Gli telefono allora: “Non facciamo più quei documenti -mi assicura, confermando che fino a ieri li faceva-. I termini sono scaduti”.

Il 29 settembre, fuori dalla Stazione Centrale incontro due ragazzi egiziani. Mi fanno vedere la ricevuta di regolarizzazione ottenuta pagando 1.500 euro a un ingegnere italiano che ha aperto un ufficio in una via vicina. “Non sono sicuro che sia valida -dice preoccupato Abdou, muratore, da cinque anni in Italia-. Il nome del mio datore di lavoro è lo stesso di quello scritto sul foglio di altri ragazzi”. È una truffa perché nessun datore di lavoro può regolarizzare più di una colf. Vado all’indirizzo indicato: al cancello, diversi immigrati con documenti in mano entrano alla spicciolata, uno o due alla volta. L’ufficio è in piena attività. Qualche giorno dopo ci torno con più calma. Chiedo informazioni a un signore egiziano che incontro sul cancello, “conosci l’ufficio che fa i documenti agli immigrati?”. “Siamo noi”, mi dice facendomi entrare. Le stanze sono spoglie ma sui tavoli, pile di fascicoli colorati, pratiche e documenti di immigrati. Arriva la titolare, la signora Gatto, elegante e slanciata. “Ho un amico che vuole regolarizzarsi, ho saputo che lei può fare qualcosa. Mi domando se ci sia una possibilità”, chiedo. “Sentiamoci a novembre -mi dice- chissà che non facciano un’altra sanatoria”. Un’altra legge sull’immigrazione, penso salutandola, con cui si possa guadagnare un po’ ancora, sulla pelle della povera gente.
Carlo Giorgi