Torino. Lavoro migrante. I nuovi schiavi

I nuovi schiavi
Due serate per ascoltare dalla viva voce dei migranti e degli antirazzisti le vicende di chi approda in Italia per afferrare una fetta di futuro e trova lavoro nero, sfruttamento bestiale, caporalato, paghe da fame. Sono uomini e donne che le leggi razziste obbligano a lavorare come qui nessuno faceva più. Sono uomini e donne che hanno cominciato ad alzare la testa lottando, facendo scioperi e picchetti.

Cresce la resistenza, cresce la repressione, crescono anche le reti solidali.


lunedì 18 ottobre
ore 21 – corso Palermo 46
Servi
incontro con Marco Rovelli
autore di “Servi. Il paese sommerso dei clandestini al lavoro

Servi. Servi degli italiani: ecco l’universo dei clandestini al lavoro. Una situazione drammatica fatta di violenze e soprusi da parte di caporali e datori di lavoro italiani che fanno leva sulla ricattabilità della forza lavoro clandestina per sequestrare loro documenti, trattenere le misere paghe concordate, il tutto condito da insulti e violenze quotidiane, con la collaborazione attiva di piccoli malavitosi locali. Uno scenario che mai compare sui quotidiani nazionali e che invece rappresenta la dorsale nascosta di un’Italia truce e violenta: l’altra faccia del mito “italiani brava gente”. Dalle campagne siciliane e del foggiano, fino ai cantieri edilizi e agli ortomercati del Nord, da questo libro emerge una fotografia brutale del nostro paese.
Marco Rovelli si è mischiato con i clandestini, facendosi raccontare le loro storie finora inascoltate: dal loro racconto emerge anche il volto crudele del nostro capitalismo, ritornato in alcune aree e comparti a forme ottocentesche di sfruttamento.

Marco Rovelli (Massa, 1969) insegna filosofia, suona e scrive. Tra i suoi libri Lager italiani (Rizzoli, 2006), un reportage narrativo dedicato ai Centri di permanenza temporanea (CPT). Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide (Rizzoli), sulle morti sul lavoro in Italia.

Scioperi, picchetti, reti solidali
Martedì 26 ottobre
ore 21 – corso Palermo 46
incontro con i lavoratori eritrei della cooperativa di servizi “Papavero” in appalto alla GLS di Cerro al Lambro, licenziati per “aver scioperato contro l’arroganza di chi li vorrebbe piegati a condizioni di lavoro e salari indecenti. Quelli della Papavero timbravano all’entrata ma non all’uscita: per loro niente straordinari, niente sicurezza, solo il passaggio di mano da una cooperativa all’altra, senza ricevere mai la liquidazione.
Oltre ai lavoratori immigrati, interverranno
Fabio Zerbini e Antonio D’Errico del Comitato antirazzista milanese.

Alcuni di loro, durante un pranzo di solidarietà nei locali della Federazione Anarchica Milanese hanno fatto una lunga chiacchierata sulla loro vicenda. L’intervista a Berhane, Isak, Hossin è uscita sul settimanale Umanità Nova.
Ve ne proponiamo qui alcuni stralci.

Che lavoro facevate all’interno della cooperativa?

La cooperativa Papavero si occupa di logistica e fornisce lavoro ad un’unica grande azienda di distribuzione merci. Noi all’interno facciamo di tutto: magazzinieri, facchini, mulettisti, carrellisti. È un lavoro pesante, molto pesante.

Come si chiama l’azienda committente della cooperativa Papavero?

Si chiama GLS. Nel passaggio dalla prima alla seconda e poi alla terza cooperativa noi non siamo mai stati liquidati, anche su questo c’è una vertenza. Aspettiamo ancora la liquidazione da ItalFaro e dalla Svolta e adesso manca anche la liquidazione di Papavero. Naturalmente abbiamo chiaro che la responsabile di tutto è la GLS, visto che sono loro i committenti. La vertenza riguarda anche l’INPS, abbiamo scoperto che per oltre un anno sia La Svolta che Papavero non hanno pagato i contributi! All’inizio abbiamo provato con Cgil, Cisl e Uil, ma abbiamo capito subito che erano d’accordo col padrone. Poi, per fortuna, il SI Cobas ci ha dato una mano.

Quali sono le condizioni di lavoro all’interno della cooperativa?

Come vi dicevo è un lavoro pesantissimo e anche fuori legge. Per esempio, una persona può sollevare al massimo 25 chili, spesso a noi tocca alzare quasi 200 chili(…)

Quali sono state le principali rivendicazioni dei vostri scioperi?

Noi siamo arrivati allo sciopero dopo diversi tentativi di dialogo, con gli altri sindacati, ma le cose anziché migliorare andavano sempre peggio. Sono arrivati addirittura a falsificare le nostre firme sotto agli accordi! Poi abbiamo fatto tutte le procedure previste dalla legge e infine abbiamo deciso di fermarci. I primi due scioperi li abbiamo fatti il 2-3 e 12-13 febbraio 2010, ma non hanno portato nessun cambiamento. È a quel punto che Gls e Papavero hanno chiamato la polizia: dal giorno dopo lo sciopero, quando siamo tornati al lavoro, le camionette sono rimaste davanti alla fabbrica per 40 giorni. Ci siamo rivolti ai cittadini di Cerro al Lambro, ai quali abbiamo chiesto: ma vi sembra normale un tale spiegamento di forze in un posto di lavoro? C’è stato l’intervento del Comune e la polizia se n’è andata.

Come avvenivano gli scioperi?

Noi facciamo sempre il turno di notte e così davanti ai cancelli bloccavamo l’ingresso dalla sera al mattino successivo e si formavano file di 300 camion che dovevano entrare. Eravamo molto determinati e decisi, per questo ci sono state le cariche della polizia. (…)

Quali erano le vostre richieste?

Il rispetto del contratto nazionale. L’incentivo del turno notturno, per esempio, non c’era e non era neppure garantita l’assistenza sanitaria. E le condizioni igieniche del luogo di lavoro, che non erano a norma di legge. Anche su questo abbiamo fatto la denuncia e l’azienda ha preso una multa. Poi c’è la questione della timbratura all’ingresso. Lì firmi quando arrivi al lavoro, ma non quando esci! Abbiamo raggiunto le 280 ore di lavoro al mese e la maggior parte non venivano pagate, visto che ci erano riconosciute solo le nostre otto ore di turno.

Le motivazioni del vostro licenziamento. Ognuno di voi ha avuto una motivazione diversa?

(…) il 9 agosto ad ognuno di noi è arrivata una lettera con la comunicazione del licenziamento. C’era scritto che la motivazione era che quel tal giorno avevamo fatto lo sciopero. Dei licenziati siamo rimasti 12, alcuni di quelli che avevano lottato con noi, che erano già stufi della situazione, se ne sono andati, con la loro famiglia, in altri paesi.

Come hanno reagito gli altri lavoratori al vostro licenziamento?

Le condizioni di lavoro sono peggiorate molto, il padrone ha assunto persone che, da quello che sappiamo, minacciano e spaventano gli altri lavoratori e spesso accadono litigi tra loro, per cui l’andamento del lavoro ne risente molto. Solidarietà verso di noi? Adesso c’è paura, sono tutti terrorizzati in questo momento.

Avete scioperato e il risultato è stato prima le botte della polizia e poi il licenziamento. Siete pentiti? State pensando che forse era meglio starsene tranquilli e accettare quello che accadeva?

Ma stai scherzando? E la nostra dignità dove la metti? Noi abbiamo sempre lavorato e ci hanno trattato da criminali… Continuiamo a non piegare la testa, la lotta va avanti…