Archivi del mese: Gennaio 2011

Torino. Antirazzisti al mercato

Sabato 29 gennaio un gruppo di antirazzisti della Rete “10 luglio antirazzista” si è dato appuntamento al mercato di Porta Palazzo per un presidio informativo. Il presidio è quasi subito diventato itinerante. Gli antirazzisti, aperti due striscioni, “Torino è antirazzista” e “W le rivolte nei paesi arabi”, sono partiti, seguiti passo passo dalla polizia politica. Al ritmo della Samba Band hanno fatto un lungo giro, chiudendo la giornata nella piazzetta del Balon.

Di seguito il testo del volantino, in italiano e arabo, distribuito tra i banchi del mercato, che invita all’assemblea antirazzista del 31 gennaio. Appuntamento in corso Ferrucci 65a
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Il giorno della memoria

Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria. È il giorno delle interviste ai sopravvissuti ai campi di sterminio, delle immagini agghiaccianti al telegiornale, degli appelli accorati delle istituzioni, delle conferenze, dei film a tema alla TV in prima serata. Insomma, è il giorno delle plateali forme di indignazione per quello che fu.
Ma siamo davvero sicuri che quell’orrore appartenga al passato?
Il nostro presente ci urla a gran voce che non è così, lo fa da dietro le sbarre dei Centri di Identificazione ed Espulsione per immigrati clandestini, e ha il volto degli immigrati che, disperati per la loro condizione, proclamano al mondo la loro dignità ed il loro diritto a essere considerati esseri umani.
Questo l’incipit del comunicato del Coordinamento per la Pace di Trapani, da sempre in prima linea nella lotta contro i CIE.
Nelle immagini il vecchio CIE della città, il Serraino Vulpitta, e quello nuovo di Milo, che verrà presto inaugurato.
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Gradisca: bloccati i lavori al CIE

I lavori di “messa in sicurezza” del lager gradiscano hanno subito un’immediata battuta d’arresto. Pare che vi siano delle irregolarità nelle offerte per il bando della ditta veneta cui erano stati assegnati. Si torna quindi ai blocchi di partenza. Confermata l’apertura delle buste nella … Continua a leggere

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Per il pane e la libertà

Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto, Albania. L’altro Mediterraneo, quello da dove partono le barche degli immigrati, a caccia di fortuna e di un pizzico di libertà è in rivolta.
In Tunisia la fuga del dittatore – ma la fine del sistema di potere che per decenni ha schiacciato sotto un tallone di ferro il paese ancora non si vede – è costata centinaia di morti.
Leggi il comunicato di solidarietà con le popolazioni in lotta emesso dalla Commissione di Relazioni Internazionali della FAI.

A fianco della rivolta Tunisina
Nel 1999, l’ammiraglio Fulvio Martini, già dirigente del Servizio Segreto Militare (SISMI) riferì alla Commissione Stragi del Parlamento italiano: “Negli anni 1985-1987 organizzammo una specie di colpo di Stato in Tunisia, mettendo il presidente Ben Ali a capo dello Stato, sostituendo Bourguiba (esponente di primissimo piano nella lotta di indipendenza dal colonialismo francese, NdR)”. Martini, inoltre, nel suo libro “Nome in codice: Ulisse” precisò che le direttive venivano da Craxi e da Andreotti, allora rispettivamente presidente del consiglio e ministro degli esteri.
Successivamente l’oppositore del regime dittatoriale di Ben Ali, Taoufik Ben Brik ha denunciato come i governanti italiani abbiano rinforzato il regime “rimpinguando i suoi forzieri e armando il suo braccio contro il popolo”. Non a caso fu in Tunisia che il latitante Craxi si rifugiò, riverito, protetto e seppellito, per sfuggire alle condanne inflittegli.

La rivolta e la lotta in corso in Tunisia ci appartengono, le sentiamo come nostre, sia perché sono contro un regime dittatoriale, arrogante e corrotto sia perchè nate per conquistare, non solo migliori condizioni di vita, ma anche libertà di parola e di organizzazione. Le sosteniamo in quanto espressione autonoma di esigenze popolari, sganciate da logiche di compatibilità geopolitiche.

Mentre a destra e manca si denuncia il rischio dell’anarchia, e le classi dirigenti tunisine, con i loro protettori europei, stanno cercando di piegare ed ingabbiare la protesta popolare dentro un processo elettorale, per disarmare la volontà di lotta delle masse; mentre si è costituito un governo fantoccio, di fatto controllato dagli amici e colleghi di Ben Ali per garantire la continuità del sistema di sfruttamento e di oppressione; mentre il ministro Frattini si pronuncia per la “stabilità” dell’area (ove “stabilità” sta per “ordine e disciplina”) è importante pronunciarsi e manifestare a favore del tentativo di autoemancipazione popolare e sostenere con forza la protesta e la rivolta in corso, che si sta misurando con l’esercito e le bande armate fedeli all’ex presidente, fuggito con più di una tonnellata di lingotti d’oro.

La lotta insurrezionale tunisina sta aprendo la strada ad altre lotte in Algeria, Marocco ed Egitto, innescate dagli effetti disastrosi della crisi sociale; da questa parte del Mediterraneo dobbiamo mobilitarci affinché tali lotte e rivolte non vengano stroncate da nuove dittature, preparate e sostenute dai governi europei, stroncando ogni possibile forma di paternalismo e di razzismo tendenti a separare e a contrapporre quelli che sono gli interessi comuni di ogni lavoratore e di ogni essere umano: la dignità, la libertà, la giustizia sociale.
Commissione Relazioni Internazionali FAI
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Cie di Gradisca: iniziano i lavori

Secondo i giornali locali i lavori di “messa in sicurezza” del CIE, dopo l’assegnazione dell’appalto, stanno per iniziare. Purtroppo pare che, contrariamente a quanto da più parti prospettato, il CIE non verrà svuotato: i lavori procederanno a lotti, diminuendo comunque la già ridotta capienza attuale, riducendo ancor più i posti disponibili nel circuito dei CIE.

Aggiornamento 20 gennaio: è giunta la conferma dell’imminente inizio dei lavori che dureranno sei mesi e verranno effettuati per lotti. Leggi la rassegna stampa qui
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Un lieto fine. Da Brescia a Gradisca e ritorno

Quella di Malik è una piccola storia di sopraffazione e ingiustizia come ne accadono tante, tutti i giorni, nelle nostre città. Questa volta però c’è un lieto fine. Sabato 1 gennaio Malik viene fermato dai Carabinieri di Pontevico (BS). Con … Continua a leggere

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Torino. Capodanno al CIE

Torino 1 gennaio 2011. Due blindati, due grupponi di poliziotti e finanzieri in assetto antisommossa e un folto nugolo di digos attendevano gli antirazzisti venuti a fare i fuochi di capodanno davanti al Centro di corso Brunelleschi.
In mattinata i quotidiani avevano diffuso la notizia che, grazie alla “direttiva rimpatri”, la normativa europea entrata in vigore il 24 dicembre, sei immigrati accusati di non aver ottemperato al decreto di espulsione, sono stati rimessi in libertà.

A Natale i reclusi avevano raccontato ai microfoni di radio Blackout di un pranzo a base di pasta fredda e immangiabile. Nel pomeriggio del 31 dicembre quattro grosse borse piene di cose buone sono state consegnate ai prigionieri delle quattro sezioni “operative” del Centro, la rossa, la verde, la viola, la gialla. Sorrisi e complicità hanno accolto il dono, specie nella sezione femminile.
In contemporanea, da un balcone di fronte, ben visibile dall’interno del CIE, è stato appeso uno striscione bianco con la scritta “Freedom”: un fumogeno rosso lo ha illuminato.

Allo scoccare della mezzanotte davanti al muro del Centro sono partiti slogan e battiture.
Libertà, libertà, libertà. E poi i fuochi, i petardi, i fumogeni. Quelli dell’antisommossa si sono spostati lesti lesti un po’ più in là. Gli antirazzisti, numerosi nonostante il freddo, si sono fatti sentire ancora più forte.
Un lungo anno è appena trascorso. Fuori e dentro le gabbie è cresciuta la resistenza: a noi tutti l’impegno perché non sia troppo in là un tempo senza muri e senza gabbie.
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