Noureddine Adnane ha 27 anni ed è nato in Marocco. Vive in Italia dal 2002 e si guadagna da vivere facendo l’ambulante. Lo conoscono tutti nel quartiere, e tutti gli vogliono bene, al punto che i palermitani lo chiamano “Franco”. Noureddine riesce a portare a casa una ventina di euro al giorno. Mette i soldi da parte, con ostinazione e speranza, perché vuol far venire in Italia sua moglie e la loro bambina di due anni.
Ma a Palermo i venditori ambulanti, specialmente immigrati, devono fare i conti con la polizia municipale: retate nei mercatini, ispezioni, multe, sequestri della merce, intimidazioni. Noureddine non è un abusivo, ma riceve la visita dei vigili urbani per cinque volte in una settimana: davvero troppo per chi deve sbarcare il lunario tra mille difficoltà.
Di fronte all’ennesimo controllo, alla minaccia di sequestro della merce, Noureddine si è sentito solo e in preda al panico, ha preso la benzina, se l’è versata addosso, e s’è dato fuoco. Il vigile urbano che stava redigendo il verbale cerca di coprire le fiamme col giubbotto, mentre gli avventori di un bar tentano di spegnere con l’acqua delle bottiglie quella torcia umana. Il corpo di Noureddine è tutto ustionato, e viene ricoverato d’urgenza all’ospedale Civico dove sta lottando contro la morte.
Questo è il prodotto dell’esasperazione che nasce dalla repressione dilagante nei confronti degli immigrati, dei poveri, dei senza-carte, anche a Palermo.
L’anno scorso le forze dell’ordine si sono scatenate più volte a piazzale Giotto: pistole spianate ed elicottero che volteggiava sul mercatino settimanale. Un incredibile spiegamento di uomini e mezzi per dar la caccia a chi vende cinture o borse a buon mercato. Per non parlare della persecuzione nei confronti dei lavavetri ai semafori, con retate in grande stile contro “pericolosi clandestini” armati di secchio e tergicristallo.
A Palermo è in vigore dall’anno scorso la famigerata ordinanza per il “decoro urbano”, uno dei tanti provvedimenti con cui – in tutta Italia – i sindaci hanno applicato le direttive del pacchetto-sicurezza. La legalità si svela per ciò che è realmente: l’esercizio del potere per schiacciare i più deboli.
Nella Sicilia vessata dal potere mafioso e dal malaffare politico, la “sicurezza” viene garantita perseguitando i soggetti più vulnerabili, come se in questa terra il problema fossero i lavavetri ai semafori o gli ambulanti che vendono la roba sui marciapiedi.
Noureddine voleva solo lavorare in pace e il suo gesto è un urlo assordante contro l’ingiustizia e la criminalità del potere.
Sabato 19 febbraio. Noureddine non ce l’ha fatta: è spirato questa mattina. Un altro morto, un altra vita macinata da leggi, regolamenti, soprusi.