E’ di qualche giorno fa la notizia che un gruppo di immigrati nell’alessandrino ha trovato la forza di ribellarsi al sistema di sfruttamento bestiale a cui vengono sottoposti da anni nelle campagne della zona. A questo proposito pubblichiamo la testimonianza apparsa sul n. 24 di Umanità Nova di un compagno della zona.
Sono andato a portare la nostra solidarietà (che si è concretizzata, con beni alimentari e acqua) agli emigrati in lotta e subito, parlando con loro, sono entrato in un mondo che sembrava cancellato dalla storia ed invece ritorna puntuale e ci scaraventa in un passato di deportazioni e navi negriere. Non siamo nei campi di cotone del New Jersey o sulle coste del golfo di Guinea e neppure nei campi di Rosarno… siamo a Castelnuovo Scrivia (AL) o meglio in una delle tante tenute agricole che si incontrano passando nei dintorni di tortona.
Di fronte all’az. agr. Lazzaro,tra il guardrail e il fosso che costeggia lo stradone, dove sfrecciano macchine e camion,ci si può imbattere in un presidio (quattro pali e una tenda di fortuna) di lavoratori immigrati che hanno trovato il coraggio di ribellarsi a quello che si può definire un moderno caso di schiavismo. Più di quaranta esseri umani, in prevalenza nord africani, hanno detto BASTA. Costretti a lavorare per 10-13ore al giorno PER 1 EURO all’ora, quando non addirittura gratis(molti non ricevono lo stipendio da mesi) e inoltre costretti a “foraggiare lautamente” il padrone per avere i documenti e quindi accettare il ricatto che rende vulnerabili all’espulsione dall’Italia. Documenti, timbri, pezzi di carta che con la loro convalida hanno il potere di rendere uomini simili a “bestie da lavoro”…ma anche “moderno scudiscio” che in mano a personaggi senza scrupoli si trasformano in armi da negrieri d’altri tempi. Il sig. Lazzaro altri non è che uno dei tanti imprenditori che hanno colto al volo l’occasione di fare soldi sfruttando gli immigrati, per mantenere la bella vita dei propri rampolli. Ma gli immigrati questa volta hanno detto BASTA! A volte vale anche la pena di perdere il lavoro pur di non perdere la dignità…il rammarico che nasce guardando quei campi (di cipolle,meloni ,patate ecc.)è che all’orizzonte,a poco più di 1 km in linea d’ aria, ci sono le fabbriche e la logistica dei Gavio, dove di sfruttamento si potrebbe parlare per ore… ma se parlassimo di questo saremo nel campo del cemento,quindi ad un livello decisamente superiore di mafia.
Paolo del laboratorio anarchico PerlaNera