Tra scontri, evasioni e digiuni 29 polveriere pronte a esplodere

Scontri, evasioni, scioperi della fame, incendi. I centri per immigrati sono polveriere pronte a esplodere. Nel 2010 le rivolte hanno attraversato il Paese: da Gorizia a Brindisi, da Milano a Cagliari. Come già l’anno scorso, con sommosse estese da Torino a Lamezia Terme. La miccia? È stata innescata l’8 agosto 2009, quando il pacchetto sicurezza ha portato da due a sei mesi il tempo di detenzione nei Centri d’espulsione.
Questo l’incipit di un dossier pubblicato il 12 ottobre dal quotidiano Repubblica.

Un passo indietro: in Italia oggi ci sono 29 strutture d’accoglienza, che possono ospitare 7.653 migranti. Non tutte sono eguali: i più chiusi e restrittivi sono i 13 Centri di identificazione ed espulsione (Cie), con 1.920 posti disponibili. A questi si affiancano i Centri di accoglienza (quelli di Lampedusa e Cagliari sono anche Centri di primo soccorso) e i Centri per richiedenti asilo (Cara). Quanto costano allo Stato? Per ogni straniero trattenuto si spende da un massimo di 76 euro al giorno (Cie di Torino) a un minimo di 24 (Cara di Foggia). Chi li controlla? La competenze è delle prefetture, che ne affidano la gestione a terzi, con appositi bandi di gara. Tre sono i principali enti gestori oggi in Italia: Croce rossa, Misericordia, Consorzio Connecting People.

Una costante degli ultimi anni sono state le rivolte: la più grave risale al 28 dicembre 1999, quando a Trapani sei migranti sono morti in un incendio appiccato per favorire un tentativo di fuga. Negli ultimi anni scontri ed evasioni sono stati registrati in tutta Italia. Nel febbraio 2009 a Lampedusa, un incendio ha distrutto il Centro e una settantina fra immigrati, agenti di polizia e carabinieri sono rimasti feriti. Le rivolte si sono intensificate poi quest’estate: da Gradisca d’Isonzo a Brindisi, passando per il Cie di via Corelli a Milano. A “esplodere” sono per lo più i Centri d’espulsione (ex Cpt): strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli irregolari destinati al rimpatrio. Le tensioni, qui, non nascono tanto dal numero di presenze (crollate in seguito all’accordo Italia-Libia e ai respingimenti in mare), quanto dalla possibilità (a partire dall’agosto 2009) di trattenere i migranti per ben 180 giorni.

Non è tutto. Mentre il piano del ministro Roberto Maroni prevede che ogni regione a breve abbia un suo Cie, non si fermano le critiche a queste strutture. Nel suo rapporto 2010, Medici senza frontiere denuncia: “La scarsa assistenza sanitaria e l’assenza di protocolli sanitari per il trattamento di patologie infettive”. E ancora: “Soprattutto nei Cie – sostiene Rolando Magnano, responsabile dei progetti italiani di Msf – mancano i mediatori culturali e sconcerta l’assenza delle autorità sanitarie locali”. I casi più gravi? “I Cie di Trapani e Lamezia Terme, che andrebbero chiusi subito”.
Vladimiro Polchi

Questa voce è stata pubblicata in cronache. Contrassegna il permalink.