Trapani, mercoledì 20 ottobre. L’Ensamble Ricciotti tiene un concerto nel cortile dell’Istituto “Serraino Vulpitta”. Il “Vulpitta”, oltre che casa per anziani, è anche prigione per immigrati, un CIE.
Il 25 ottobre il Coordinamento per la pace invia ai musicisti una lettera aperta, che narra la cruda realtà dei CIE e ricorda la tragica storia di quello trapanese.
Non sappiamo se i musicisti olandesi abbiano cambiato idea. Sappiamo però che chi suona in un lager, diventa – che lo voglia o no, che lo sappia o no – complice di chi chiama i prigionieri “ospiti” e le gabbie che li chiudono “alberghi”.
Aggiornamento. La risposta a chi si illude che bastino un po’ di violini e far sparire la puzza e le gabbie di una prigione, l’hanno data, senza troppe parole, gli immigrati stessi. Nella serata di martedì 26 ottobre una cinquantina di reclusi del “Vulpitta” ha attaccato la polizia, lanciando suppellettili contro gli agenti. L’ultima di una lunga serie di proteste, fughe e rivolte.
Di seguito la lettera inviata all’Ensamble Ricciotti.
Abbiamo appreso dai mezzi di informazione locali che la mattina del 20 Ottobre si è tenuta una vostra esibizione presso il cortile dell’Istituto “Serraino Vulpitta” di Trapani. La notizia ci ha davvero colpiti, perché – come Coordinamento per la Pace – da anni denunciamo pubblicamente l’esistenza di questa struttura e l’ingiustizia che vi si consuma quotidianamente.
Come saprete, oltre a essere una casa di riposo per anziani, il “Serraino Vulpitta” è anche un Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) per migranti.
L’ordinamento giuridico italiano prevede che nei CIE vengano rinchiusi degli esseri umani considerati dalla legge come “clandestini”.
Inutile dire che le politiche razziste dei vari governi che si sono succeduti in Italia hanno sempre stabilito che ad essere clandestini, e quindi “illegali”, sono tutti quegli individui provenienti dalle zone più povere del mondo.
Il permesso di soggiorno, necessario alla permanenza in Italia, è legato al contratto di lavoro. Se un immigrato non ha un lavoro, o lo perde, finisce dentro un CIE per poi essere espulso dall’Italia. Anche se, nel frattempo, quella persona aveva messo su casa, famiglia e affetti.
Nel dicembre del 1999, sei immigrati reclusi nel “Serraino Vulpitta” di Trapani morirono bruciati in un incendio divampato durante un tentativo di fuga.
Da allora, ci sono state decine di rivolte all’interno del “Serraino Vulpitta” e negli altri centri di internamento in tutta Italia. Sono innumerevoli, inoltre, gli atti di autolesionismo e i tentativi di suicidio. E’ comune, nei centri di tutto il paese, che i reclusi vengano forzati ad assumere psicofarmaci, gli venga negato in inverno il diritto a una coperta e che, anche in estate, la razione giornaliera d’acqua non superi il litro. E’ triste constatare quanto sia lunga la lista delle barbarie che si sono consumate all’interno dei CIE: dalle punizioni corporali per gli uomini, agli stupri sulle donne, fino all’episodio sconcertante in cui alcuni immigrati musulmani vennero costretti a mangiare carne di maiale arrotolata su un manganello.
Al termine dei sei mesi di permanenza all’interno di questi moderni lager, i migranti dei quali viene accertato il paese d’origine vengono rimpatriati; gli altri vengono condotti nei centri di internamento in Libia, dove sono note le torture perpetrate dalle autorità locali, quelle stesse autorità che – con l’ausilio di unità militari italiane – compiono il respingimento in mare dei barconi carichi di immigrati che solcano il Mediterraneo, e sui quali non esitano ad aprire il fuoco.
L’idea di scrivere questa lettera nasce dal presupposto che anche a voi, probabilmente, è stata proposta una visione edulcorata della realtà quando vi è stata offerta la possibilità di suonare per gli “ospiti” del centro anziani e, di conseguenza, per i reclusi del CIE “Serraino Vulpitta”. Abbiamo ritenuto necessario mettervi al corrente della tragica storia di questa struttura e della sua natura repressiva perché pensiamo che la vostra presenza e la vostra performance siano state strumentalizzate dalle istituzioni locali al fine di propagandare un’immagine distorta di quel luogo e un messaggio di finta integrazione.
Con le dovute proporzioni, questa dinamica ricorda tanto i cinegiornali nazisti sui campi di concentramento che venivano descritti come località amene, e ne occultavano la vera natura: terribile e disumana.
Cordiali saluti,
il Coordinamento per la Pace di Trapani
coordinamentoperlapace@yahoo.it
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