Venti di guerra

14 luglio-6 agosto.
Cronache dai CIE di Trapani, Gradisca, Torino, Brindisi, Bari, Milano tra rivolte, fughe e repressione.

Un’altra estate incandescente nei CIE, i centri dove gli immigrati senza carte sono rinchiusi in attesa di essere deportati. Dallo scorso anno, quando, proprio in questi giorni, con l’entrata in vigore del pacchetto sicurezza, la detenzione nei CIE è stata prolungata a sei mesi, periodicamente in queste prigioni amministrative sale la tensione. A volte basta poco: un pasto indecente, le cure negate, una manata o un insulto di troppo per far divampare la protesta.

Quest’anno la scintilla è stato l’accordo con i governi algerino e tunisino per velocizzare i rimpatri dei cittadini dei due paesi.

È del 12 luglio la circolare che stabilisce deportazioni giornaliere e da mandato ai questori di organizzare le scorte.

In molti CIE – i tunisini in prima fila – ci sono proteste, rivolte fughe.

 Trapani, mercoledì 14 luglio

Almeno 15 reclusi riescono a fuggire. Secondo la versione della questura che per due giorni ha taciuto l’evasione, ci avrebbero provato in 27, ma 12 sarebbero stati riacciuffati subito.

Secondo altre fonti i fuggitivi sarebbero stati ben quaranta.

Quattro immigrati, individuati come responsabili degli scontri avvenuti durante la sommossa che ha preceduto al fuga, sono stati arrestati e tradotti in carcere.

Il coordinamento per la pace di Trapani ha emesso un comunicato di solidarietà.

Torino, mercoledì 14 luglio

 Intorno alle 15 divampa la rivolta al CIE di corso Brunelleschi. Gli immigrati tentano di impedire la deportazione di tre di loro. Alla fine la polizia porta via due “ospiti” su tre. I prigionieri reagiscono spaccando suppellettili e dando fuoco ai materassi. Un’intera sezione del CIE è resa inagibile. Alcuni immigrati salgono sul tetto.

Intorno alle 17 davanti al CIE si raduna un presidio di una cinquantina di solidali, alcuni dei quali, in serata, alla notizia di feriti lasciati senza cure, occupa il cortile della Croce Rossa in via Bologna. L’occupazione termina solo quando, dopo ben tre ore di tira e molla con la polizia, al CIE arriva un medico che dispone il ricovero di un immigrato che si era bruciato mani e piedi durante la rivolta.

Un altro immigrato, Samir, che si era tagliato con le lamette le braccia e il corpo, viene portato in ospedale intorno alle 21: sedato, si risveglia al CIE di Ponte Galeria a Roma.

Gradisca, sabato 17 luglio

Nella notte esplode l’ennesima rivolta al CIE. Tutto parte da un tentativo di espulsione di uno o più tunisini: per resistere, i reclusi salgono sui tetti delle celle e la polizia risponde, come altre volte, con un fitto lancio di lacrimogeni. I reclusi di un’altra area trascinano i materassi in cortile e li incendiano per sviare l’attenzione dei poliziotti. Uno dei migranti sul tetto viene colpito da un candelotto lacrimogeno e cade sui materassi in fiamme ustionandosi al volto in modo talmente grave da essere portato in ospedale a Udine. Per diverse ore non sarà possibile avere sue notizie. Domenica il ferito viene riportato all’interno del CIE in condizioni critiche ma per fortuna meno gravi di quello che si temeva e lunedì viene visitato da un avvocato solidale.

Il martedì successivo il detenuto che aveva opposto resistenza all’espulsione viene processato per direttissima e condannato a 9 mesi di reclusione, per resistenza e violenza contro pubblico ufficiale.

Torino, 19/22 luglio

Un immigrato tunisino, Sabri, sale sul tetto della sezione viola del CIE: gli mancano pochi giorni alla scadenza dei sei mesi e si batte per non essere deportato. Sabri è tra quelli che, il 14 luglio, avevano reso inagibile la sezione bianca, dando vita alla rivolta.

Un folto gruppo di antirazzisti, in buona parte della rete “10 luglio antirazzista” si danno appuntamento davanti al CIE. Sabri resiste sul tetto per tre giorni e tre notti, mentre sotto le mura c’è un presidio permanente, che sostiene la sua lotta, facendola conoscere in città, con volantinaggi, giri informativi, dirette alla radio.

All’alba del terzo giorno la polizia, coadiuvata dei vigili del fuoco, tira giù dal tetto Sabri, che si sloga una caviglia. In strada gli antirazzisti del presidio bloccano i due ingressi: vengono caricati e manganellati. In serata un corteo di 500 persone fa il giro del CIE.

Sabri non ce l’ha fatta, ma, grazie alla sua resistenza, la sua storia personale, che è poi una delle tante storie tutte uguali dei poveri che emigrano per campare la vita, ha oltrepassato le gabbie del CIE, rompendo brevemente il muro di silenzio e menzogna che lo circonda.

Roma, venerdì 23 luglio

Samir, il ragazzo che si era tagliato durante la rivolta del 14 luglio al CIE di Torino e si era ritrovato a Ponte Galeria, sale sul tetto, ingoia vetri. Venerdì 23, ultimo dei suoi 180 giorni, riguadagna la libertà.

Gradisca, sabato 24 luglio

Presidio solidale organizzato dal coordinamento libertario regionale. Qui il report.

Gradisca, mercoledì 28 luglio

Il 29 luglio è il giorno che un immigrato italiano negli Stati Uniti, Gaetano Bresci, uccide il re d’Italia, Umberto I. Umberto I era uno con le idee chiare sulla cura ai poveri che si ribellano: una bella dose di cannonate e poi una medaglia al generale che ha fatto sparare sulla folla inerme. Non abbiamo dubbi che sarebbe piaciuto a Maroni.

Probabilmente gli immigrati rinchiusi nel CIE di Gradisca non sanno niente di Umberto I e dell’anarchico che gli sparò il 29 luglio di 110 anni fa. Però sanno per esperienza che la libertà o te la prendi o nessuno te la da. Nove o, secondo altre fonti, sei immigrati, rinchiusi in cella per punizione, proprio alla vigilia di quel lontano anniversario, ne hanno approfittato per fare un buco nel tetto e scappare dal Centro. Il giorno dopo sono fuggiti altri tre.

Bari, venerdì 30 luglio

Nel CIE di Bari si sta malissimo: qualsiasi richiesta, anche minima, è accolta con scherno, insulti e magari anche una buona dose di legnate.

Non stupisce che la rabbia a lungo covata sia esplosa in una rivolta tra le più dure di questo periodo. Ci hanno provato in 50 a riprendersi la libertà. Secondo quanto riferiscono le agenzie la protesta è scoppiata nella notte. Gli immigrati, dopo aver divelto con spranghe di fortuna la recinzione del CIE, si sono scontrati violentemente con polizia, carabinieri e con i marò del battaglione “S. Marco”. Solo sei sono riusciti a scappare. Altri 30 sono saliti sui tetti, lanciando contro i militari tutto quello che avevano.

Secondo quanto riportano alcuni siti di informazione tre sezioni sono state distrutte, ci sono 11 feriti tra i militari e sei tra gli immigrati. Un senza carte ha un trauma cranico e i medici si sono riservati la prognosi.

18 reclusi sono stati arrestati con l’accusa di “di devastazione, saccheggio seguito da incendio, resistenza, violenza e lesioni a pubblici ufficiali”. Il giudice convaliderà l’arresto di 17 di loro, quattro ancora ricoverati per le ferite riportate durante gli scontri.

Torino, lunedì 2 agosto

I detenuti danno fuoco a qualche materasso per protestare contro il pestaggio di un senza carte tunisino. Il giorno successivo il ragazzo pestato verrà arrestato con l’accusa di aggressione.

Brindisi, giovedì 5 agostoCi provano in sedici ci riescono in otto. Nello scontro con le forze dell’ordine un immigrato precipita dal muro di cinta finendo in ospedale con un piede fratturato. I militari feriti sono due.
Da maggio a luglio dal CIE di Restinco sono scappati 25 immigrati. Il bilancio arriva quindi a 33.

Trapani, venerdì 6 agosto

Nuova sommossa al Serraino Vulpitta, dove i reclusi attaccano in massa i loro carcerieri, tentando la fuga. Gli immigrati hanno lanciato suppellettili e danneggiato le strutture, ma, secondo quanto riferisce il quotidiano “La Sicilia”, sono stati infine bloccati dalla polizia. Due tunisini, arrestati con l’accusa di aver partecipato attivamente alla rivolta, sono stati portati in carcere in attesa del processo per direttissima.
Al CIE di Trapani arriveranno presto 50 militari: lo ha deciso Maroni nell’ambito del programma “strade sicure”, prorogato dal consiglio dei ministri il 5 agosto.

Sempre il 5 agosto il parlamento ha convertito in legge il decreto emanato dal governo il 6 luglio il che prorogava le missioni militari all’estero, tra cui gli accordi con la Libia per l’invio della guardia di finanza per sostenere le azioni di pattugliamento in mare.

La guerra contro i poveri continua.

La resistenza anche.

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