Antirazzisti al Torino Film Festival

Torino, venerdì 26 novembre. Serata inaugurale del TFF con tanta gente ben vestita e camionette dei carabinieri in assetto antisommossa all’ingresso del teatro Regio. Mentre la digos era impegnata con gli studenti universitari giunti in corteo da Palazzo Nuovo occupato, gli antirazzisti, rapidi ed elegantissimi nei loro giacconi invernali, sono entrati nel teatro.
Di fronte al pubblico della platea è stato aperto lo striscione “Torino è antirazzista”, dai palchi in alto è stato appeso lo striscione “contro la sanatoria truffa – permesso di soggiorno per tutti”. Un lungo applauso ha accolto l’arrivo degli antirazzisti e l’intervento letto da un giovane immigrato.
All’uscita gli antirazzisti si sono uniti agli studenti e in corteo spontaneo hanno raggiunto la sede delle facoltà umanistiche.
L’appuntamento per tutti è per il corteo del 27 novembreore 14 da Porta Nuova.
Di seguito il testo dell’intervento al TFF.

Buona sera a tutti, scusate l’interruzione ma non avevamo altri mezzi per farci sentire.
Innanzi tutto un saluto e un augurio di “buona lotta” ai lavoratori dello spettacolo, anch’essi pesantemente colpiti dalla miope strategia di tagli del governo. Anche se purtroppo, a dirla tutta, il “deserto del sapere” denunciato dagli scioperanti dello spettacolo avanza inesorabilmente da decenni e trasversalmente ai governi, che sempre più si fondano sull’ignoranza e la paura. Così, mentre la precarizzazione delle condizioni di vita e di lavoro avanza incontrastata nel Paese, noi immigrati diventiamo la soluzione politica buona per tutti gli inghippi: all’occorrenza siamo un utile capro espiatorio per il malcontento popolare o un’emergenza da cavalcare in campagna elettorale; un potente mezzo di pressione su diritti e garanzie che i lavoratori italiani credevano ormai conquistati oppure cavie per affinare tecniche di controllo e repressione che riguardano tutti; infine linfa vitale per le casse dello stato esauste.
Infatti, nel silenzio quasi assoluto dei mass media, silenzio rotto solo da proteste assordanti e disperate come quelle di Brescia o di Milano, assistiamo a patenti ingiustizie che dovrebbero far ribollire il sangue di ogni onest’uomo. Una sanatoria che prometteva di regolarizzare la posizione di migliaia di immigrati si è rivelata una vera truffa che ha giovato solamente alle finanze dello stato e a malandrini di diversa statura. Tra l’altro gli immigrati truffati, non avendo i documenti in regola (sennò che senso avrebbe accedere a una sanatoria), non possono neppure denunciare chi gli ha spillato soldi in cambio di vane promesse. Circostanza che una volta di più palesa il ricatto cui gli immigrati sono quotidianamente sottoposti. Ricordiamo, ad esempio, quanto accaduto ai ragazzi immigrati arrestati durante le cariche della polizia a Brescia o al combattivo Mohamed, pedinato dalla polizia dopo un presidio di protesta: sono stati arrestati e rispediti in Egitto nel volgere di pochi giorni (alcuni avevano in tasca la ricevuta della richiesta di regolarizzazione e attendevano una risposta). E una risposta gliel’hanno data, ché quando vuole lo stato sa esser solerte.
Il messaggio è chiaro: non alzare la testa. Non ti ribellare. Non rivendicare alcunché.
Non rompere i coglioni insomma. Altrimenti hai la strada segnata. Diritto nei centri di espulsione e di lì a casa, dove ad attendere molti c’è un destino impietoso.
Signori svegliamoci! Dalla Francia deportano i Rom, i campi di detenzione amministrativa, proprio come lo erano i lager, sono una realtà. La Lega spara a zero, mentre le imprese del Nord-Est che la sostengono economicamente sono zeppe di immigrati più o meno regolari. La caccia ai clandestini è aperta. E la ragione non è che non li volete. Volete medici che facciano le badanti, ingegneri che facciano i garzoni d’officina, architetti che facciano i manovali nei cantieri. E gli altri allora? Gli immigrati più poveri? Volete anche loro. Ma li volete impauriti, umiliati, sfruttati, senza più alcuna speranza, senza dignità né forza.
E invece noi immigrati la rivendichiamo la nostra forza, la nostra dignità. E chiediamo giustizia, chiediamo rispetto: salendo su una gru in condizioni proibitive per chiunque o bloccando la tratta dei braccianti come a Castelvolturno; ribellandoci in massa come a Rosarno, lottando sui luoghi di lavoro o, ancor più disperatamente, cucendoci le labbra, ingoiando lamette e pile, come accaduto in questi giorni nel CIE di corso Brunelleschi a Torino.
Sabato ci sarà un corteo qui a Torino, per dimostrare che gli immigrati sono una componente viva e cosciente della nostra città, che non hanno più paura. Che sappiamo scendere in strada, superando ogni barriera etnica o religiosa, per gridare un secco “no” al razzismo di stato e a quello che striscia dentro tutti noi. Per dire “no” alle politiche securitarie che mettono in pericolo la libertà di tutti. Per gridare che l’emersione dalla clandestinità si ottiene facilitando i permessi di soggiorno e non con sanatorie truffaldine o legandoli al “contratto di lavoro” che resta un miraggio anche per molti italiani. Solo che l’immigrato se perde il lavoro e non riesce a trovarne uno nuovo e regolare nell’arco di sei mesi, viene cacciato. Semplicemente lo buttate via e attendete che giunga altra carne fresca da sfruttare. Insomma vi aspettiamo tutti.
Sabato, alle 14 di fronte a Porta Nuova, perché la scritta sullo striscione nero davanti a voi, da auspicio che è, diventi realtà.

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