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Niente galera per i clandestini: la corte europea boccia l’Italia

Giovedì 28 aprile. Con la sentenza di oggi nella causa C-61/11 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato che il cosiddetto reato di clandestinità previsto dall’art. 14, c.5 ter, D.Lgs. 286/98, T.U. Immigrazione, è in contrasto con la normativa comunitaria e va disapplicato da tutti i giudici italiani.
La norma era stata introdotta da uno dei pacchetti sicurezza (in particolare dalla legge 15.7.09 n. 94) del governo Berlusconi e fortissimamente voluto dalla Lega. La norma prevedeva il carcere da 1 a 4 anni per il migrante privo di permesso di soggiorno che si fosse trattenuto sul territorio italiano dopo l’espulsione e l’ordine di allontanarsi dall’Italia del questore: insomma il carcere per una semplice violazione amministrativa.
L’Unione Europea ha però emanato il 16 dicembre 2008 la Direttiva 2008/115/CE che prevede le norme e le procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Tra queste norme e procedure vi è certo il trattenimento presso un centro di identificazione, che deve avere comunque la durata più breve possibile, ma non può esservi il carcere: secondo la Corte di Giustizia, infatti, la detenzione non può ovviare al fallimento delle misure amministrative espulsive, non può costituirne un sostitutivo.
La Direttiva rimpatri è entrata in vigore il 24 dicembre 2010. Il governo italiano si è tuttavia ben guardato dall’adeguare la normativa italiana a quella europea. Oggi la sentenza della Corte di Giustizia europea che dichiara illegittimo il reato di clandestinità. Un epilogo in qualche modo scontato: da fine dicembre i giudici italiani non hanno condannato nessun immigrato per “clandestinità”.
In base alla Direttiva rimpatri la stessa reclusione nei CIE dovrebbe essere l’estrema ratio, quando altre strategie hanno fallito.
L’intera politica italiana verso l’immigrazione “irregolare” entra in crisi. In gennaio Maroni, consapevole della scure europea che incombeva sull’Italia, annunciò una revisione della legge Bossi-Fini. Ma non fu che un annuncio. L’intera compagine governativa e, in modo particolare, la Lega, sono in crescente difficoltà di fronte al fiasco delle politiche repressive verso l’immigrazione.
Tra rivolte in nordafrica, guerra in Libia, “incomprensioni” con la Francia, Maroni e la sua banda sono sempre più nei guai. Continua a leggere

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