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Una vita a punti

Tra i tanti inghippi inventati dal governo per rendere complicata la vita degli immigrati c’è anche il permesso a punti.
Di che si tratta?
Naturalmente il nome vero è un altro: si chiama accordo di integrazione. Tradotto in italiano: io detto le regole e tu ti pieghi, perché altrimenti non sei sufficientemente integrato e quindi niente permesso di soggiorno.
Come quei software che non si attivano se non accetti le condizioni imposte dalla licenza, sei obbligato a sottoscrivere l’accordo di integrazione, dichiarando di aderire ai “principi della Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione” fissati dal Ministro dell’Interno nel decreto del 23 aprile 2007.
L’accordo ha come destinatari gli stranieri appena entrati in Italia. Avere in tasca un contratto di soggiorno non è più condizione necessaria e sufficiente al mantenimento del permesso di soggiorno. Al momento del rinnovo, dopo due anni, l’immigrato deve dimostrare di sapere l’italiano al livello “A2”, di conoscere la Costituzione nonché le regole imposte dallo Stato in materia di sanità, educazione dei figli, scuola, lavoro, tasse. Se non è in grado di presentare una documentazione che attesti il raggiungimento degli standard richiesti deve sottoporsi ad un test: se non lo passa viene buttato fuori anche se lavora.
L’accordo si articola in crediti che si possono accrescere acquisendo attestati che dimostrino di aver acquisito le competenze richieste, si possono anche perdere se si subiscono condanne o anche semplici denunce, o multe.
L’accordo di integrazione si mostra senza veli per quello che è: un’ulteriore selezione della manodopera immigrata. Gli immigrati con un buon livello di istruzione, con maggiori qualifiche professionali, messi in regola; gli altri, quelli che hanno studiato poco nel loro paese e certo non hanno tempo né modo di farlo in Italia, schiacciati sempre più nel limbo dei senza carte, per cui il lavoro e il futuro sono sempre più neri. Ma non solo, perché si introduce anche il voto di condotta, che può portare alla bocciatura anche l’allievo più diligente. Una scuola di disciplina per adulti.
Naturalmente non mancherà chi troverà il modo di farci dei bei soldi, perché è sin troppo facile prevedere quale enorme business saranno le scuole che rilasceranno le pagelle di idoneità. Per non dire dell’inevitabile traffico di attestati fasulli.
Ancora non è chiaro quando diverranno operativi gli accordi di integrazione per i nuovi arrivati.

Il 9 dicembre è invece stato introdotto il test di italiano per quelli che chiedono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Chi ha già o ha maturato i requisiti per il permesso di lungo soggiorno CE rischia, se non ce la fa, di non riuscire a rinnovarlo o ad ottenerlo.
A proposito… chi pensate che si occupi dei test? Il ministero dell’Interno, ovviamente! Che test e contratto di integrazione siano un tassello disciplinare nella vita degli immigrati lo dimostra che a gestirli sono le questure per conto del Ministero dell’interno, cui vanno fatte le domande, che fissa la data e luogo del test e ne comunica l’esito.
I test vanno fatti presso i Centri provinciali per l’Istruzione degli Adulti. Ma non tutti ci stanno a svolgere questa selezione di classe per conto del ministro di polizia: gli insegnanti che li fanno saranno pagati dal Ministero dell’Interno, esattamente come i poliziotti.
A Torino numerosi insegnanti del CTP Gabelli hanno annunciato con un lettera pubblica che rifiuteranno di fare i test, perché non vogliono essere complici.

Per capirne di più leggete la bozza di accordo di integrazione scaricata dal sito del ministero dell’Interno e il testo del regolamento del permesso a punti. Dulcis in fundo leggetevi l’elenco dei crediti decurtabili in caso di condanne, denunce o multe.
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Torino. Gli immigrati alzano la testa

Sabato 27 novembre. In piazza contro la truffa della sanatoria “colf e badanti”. Ma non solo. In piazza contro l’intero mosaico normativo costruito per asservire e ricattare i lavoratori stranieri. Contro vecchi e nuovi pacchetti sicurezza, contro i CIE, contro i militari in strada, contro il permesso a punti, l’ultima trovata – ormai ai blocchi di partenza – per piazzare altre trappole sulla strada di chi emigra nel Bel Paese per afferrare un’opportunità di vita.
Il corteo – indetto dalla Rete “10 luglio antirazzista” – partito da Porta Nuova intorno alle 15 – ha attraversato le strade di S. Salvario per poi dirigersi in centro e concludersi davanti al Palazzo della Regione Piemonte.
Dietro allo striscione “Torino è antirazzista” c’erano le associazioni degli immigrati e i sindacati di base, i centri sociali e gli occupanti di case, gli studenti in lotta e i rifugiati, c’erano le formazioni nate dalla diaspora comunista. Duecento compagni e compagne hanno dato vita allo spezzone dell’anarchismo sociale aperto dallo striscione “La dignità non chiede permesso. Nostra patria è il mondo intero”. Con gli anarchici ha sfilato anche una delegazione del coordinamento immigrati di Alessandria e provincia.
Ben oltre il migliaio i partecipanti, che, negli interventi e negli slogan, hanno puntato l’indice contro una legislazione che strangola le vite degli stranieri, asservendoli al lavoro “che rende liberi”, perché solo chi ha un lavoro regolare ha il diritto legale di risiedere in Italia. Molti, troppi, sono obbligati a chinare la testa per non perdere il lavoro e, quindi, anche i documenti. Chi, invece, un lavoro regolare non c’è l’ha, vive nel limbo degli irregolari, degli apolidi di ogni tempo, sempre all’erta, sempre a rischio di essere scoperto, chiuso in un CIE e poi deportato.
Gli immigrati e gli antirazzisti lo hanno detto e gridato con forza: “è la legge che crea i clandestini”. I clandestini sono utili, utilissimi: chi dice di non volerli, chi dichiara che li getterebbe tutti a mare, in realtà non può fare a meno di loro. Costano poco e faticano tanto. Finché dura è una pacchia per i padroni che lucrano sulle vite di tutti i lavoratori. Non importa se stranieri o italiani: ai padroni interessa il colore dei soldi, non quello della pelle.
Il corteo di ieri a Torino è uno dei tanti segni, grandi e piccoli, che gli immigrati stanno alzando la testa: sono stanchi di aver paura e cominciano a pensare che è tempo di fare paura.
La strada è tanta e tutta in salita. Di questi tempi occorre puntare al cielo per restare in piedi, per porre la basi per spezzare questo sistema di oppressione sfruttamento. Continua a leggere

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Torino. Immigrati contro la truffa della sanatoria

Mercoledì 24 novembre, fronte del lavoro. Oltre duecento persone, in buona parte immigrati, si sono dati appuntamento davanti alla Prefettura per un presidio contro la sanatoria truffa e il permesso a punti. Slogan, tamburi, e tanta rabbia per chi, nella sanatoria colf e badanti dello scorso anno, aveva intravisto una via di fuga dalla clandestinità, dalla vita sotto ricatto, dal lavoro nerissimo e pericoloso.
Una delegazione di immigrati è stata ricevuta in prefettura.
Al ritorno hanno riferito che al momento le domande dei truffati sono ferme. Probabilmente il governo aspetta che la situazione si calmi prima di far ripartire la macchina. Nel frattempo gli immigrati continuano a pagare i contributi, aspettando un pezzo di carta che molti non avranno.
Nell’assemblea di piazza che ha concluso la manifestazione tutti si sono dati appuntamento a sabato 27 – ore 14 da Porta Nuova – per il corteo cittadino promosso dalla Rete “10 luglio antirazzista”. Continua a leggere

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