Torino. Fini e Olivero, compagni di merende

Torino 19 novembre. Una ventina di compagni della Rete “10luglioantirazzista” si sono dati appuntamento al Sermig, dove era atteso il presidente della Camera, il (post)fascista Fini. Aperto uno striscione in cui campeggiava la scritta “Fini fa i clandestini, Olivero ci fa i quattrini” hanno accolto rumorosamente Fini. Carabinieri e digos di sono schierati a difesa del corteo di auto blu.
Alcuni passanti, anziani del quartiere con la memoria lunga, si sono uniti agli antirazzisti che gridavano “fascista!”, “razzista!”.
Non basta una visita a Porta Palazzo per rifarsi una verginità: la legge che condanna alla clandestinità ed alla schiavitù tanti lavoratori stranieri ha la firma di Gianfranco Fini.
In quanto a Olivero – complice delle politiche razziste di tutte le amministrazioni – ne è stato ripagato ampiamente. Così ha costruito il suo impero della “solidarietà”.
“Siamo qui per ricordare ad Olivero che la solidarietà non è un business, e a Fini che la sua legge ha prodotto espulsioni, respingimenti, reclusioni e morti di cui non ci dimentichiamo, anche se cambiano le alleanze, i soggetti politici e la faccia è sempre più sorridente sopra il doppiopetto”. 
Così il comunicato diffuso dagli antirazzisti.
Di seguito il testo integrale.
La memoria corta…
A volte succede di avere la memoria corta. Capita così che di fronte ad un Governo che diventa sempre più autoritario in maniera direttamente proporzionale a quanto il suo padrone -il premier Berlusconi- perde della cosiddetta “credibilità istituzionale”, ampi settori di quella sinistra moderata che si candida ad essere l’alternativa, si trovano a lodare ed incensare uno dei principali artefici delle politiche della destra in Italia -il novello ex alleato del cavaliere- Gianfranco Fini.

Oggi Fini è in visita per l’intera giornata nella nostra città, e tra i diversi luoghi in cui farà tappa, un momento importante per la sua “credibilità”(e anche per proseguire la mai ultimata opera di ripulitura politica) è nel popolare e multietnico quartiere di Porta Palazzo.

Siamo qui oggi per quanti, con la memoria corta, si sono dimenticati che Gianfranco Fini è il firmatario di due delle leggi più odiose e repressive prodotte dalla destra negli ultimi anni: la Fini-Giovanardi che riempie le carceri di consumatori di sostanze, e la Bossi-Fini, legge su cui si regge tutto il meccanismo di controllo-governo dell’immigrazione nel nostro Paese, una legge che di fatto ha prodotto un aumento smisurato della clandestinità, oltre ad aver aperto la strada a terribili accordi bilaterali tra l’Italia e altri Paesi come quelli fatti con la Libia, che hanno generato la criminale politica dei respingimenti in mare.

Sappiamo che Fini incontrerà alcuni esponenti di associazioni di immigrati per discutere di cittadinanza e immigrazione, e sappiamo che lo farà al Sermig di Ernesto Olivero, un “innamorato di Dio” che nei decenni grazie alla totale acriticità dimostrata nei confronti dei diversi governatori della città ha costruito un vero e proprio impero della “solidarietà”. Ricordiamo una delle sue più brillanti e recenti uscite, quando a fine dello scorso agosto in ossequio all’ex Prefetto Paolo Padoin che voleva prendere i rifugiati “a calci nel sedere” e al Sindaco Chiamparino che tuonava allo sgombero immediato della casa occupata di corso Chieri, Olivero dichiarò che i rifugiati dovevano “diventare italiani oppure tornarsene a casa loro”, e che “nei confronti degli arabi la gentilezza è sottomissione”.
Di quale cittadinanza parleranno oggi? Non ci è dato saperlo. Ma qualche altra cosa la sappiamo: sappiamo che con le modifiche che da dicembre saranno introdotte sull’iter per la carta di soggiorno, e con l’introduzione (probabilmente nei primi mesi del 2011) dell’accordo di integrazione, il mondo del privato sociale e delle associazioni di volontariato saranno di fronte alla scelta delicata se essere o meno parte di quel complesso e truffaldino meccanismo che “darà i punti” per il permesso di soggiorno e le certificazioni per i lungo soggiornanti. La scelta sarà insomma quella di partecipare o meno al grande business dell’integrazione. Quella di legittimare o meno l’ennesimo esperimento classista che si farà sulla pelle degli immigrati e delle immigrate.

Staremo a vedere, nel frattempo siamo qui per ricordare ad Olivero che la solidarietà non è un business, e a Fini che la sua legge ha prodotto espulsioni, respingimenti, reclusioni e morti di cui non ci dimentichiamo, anche se cambiano le alleanze, i soggetti politici e la faccia è sempre più sorridente sopra il doppiopetto.
Fini fa i clandestini, Olivero fa i soldini
Rete 10 luglio antirazzista

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