Joy. Il prezzo della dignità

Milano 2 febbraio. Vittorio Addesso, l’ispettore di polizia che tentò di violentare Joy, una ragazza nigeriana rinchiusa nel CIE di via Corelli a Milano nell’agosto del 2009, è stato assolto. Lo stesso pubblico ministero ha chiesto al giudice dell’udienza preliminare il proscioglimento dell’imputato.

Facciamo un passo indietro.
Torniamo a quel bollente agosto del 2009, quando il pacchetto sicurezza divenne legge e la reclusione nei CIE passò da due a sei mesi. Nelle gabbie degli immigrati divampò immediata la protesta, con scioperi della fame, episodi di autolesionismo, materassi bruciati, tentativi di fuga.
Per lunghe notti, dalle prigioni dei senza carte si sono levate grida. Grida nel silenzio.
Nel CIE di Milano la protesta è diventata rivolta. 18 uomini e 5 donne sono arrestati.
Le ragazze si chiamano Joy, Hellen, Priscilla, Debby, Florence: alla prima udienza del loro processo – all’apparire in aula dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso – hanno gridato forte. La loro rabbia andava oltre la paura. Addesso aveva provato a violentare a Joy, convinto che una ragazza in prigione, africana e prostituta non si sarebbe ribellata. Invece la dignità è più forte della violenza dello Stato, più forte del giogo patriarcale.
Il racconto della ragazza la dice lunga su chi, vestendo la divisa, pensa di poter disporre liberamente dei corpi rinchiusi dentro al CIE. Gente senza carte, senza diritti, senza futuro. Durante la rivolta la violenza dei poliziotti si è concentrata su di lei e le ragazze che avevano assistito ai violenti palpeggiamenti di Addesso. A terra, ammanettata, è stata più volte manganellata. Il suo rifiuto le è costato anche un pugno in faccia dall’ispettore-capo in persona.
In settembre le ribelli e i ribelli del CIE sono stati condannati a sei mesi. Uno di loro a dicembre l’ha fatta finita uccidendosi. Sapeva che, per gente come lui, le gabbie non finiscono mai. E la forza che l’aveva sorretto nel deserto, nel mare, nel CIE per migranti, l’ha infine abbandonato.
Le cinque ragazze, finiti i sei mesi, sono state (ri)portate nei CIE.
Joy alla fine di maggio ha ottenuto il permesso in quanto vittima di tratta.
Vittorio Addesso è stato rinviato a giudizio.
Ieri l’assoluzione. Un processo per calunnia attende ora Joy ed Hellen, l’altra ragazza che ha testimoniato contro l’ispettore. Un esito probabilmente scontato. Lo Stato non ingabbia i suoi servitori.
Il prezzo della dignità è sempre molto alto per chi nasce dall’altra parte del muro, che separa chi ha troppo e chi nulla.

Ascolta le interviste rilasciate a Radio Onda d’Urto e a Radio Onda Rossa dall’avvocato di Joy, Eugenio Losco.
Per approfondimenti sulla storia di Joy e delle tante ragazze vittime della tratta e delle leggi razziste leggi quest’articolo uscito nel maggio dello scorso anno su A rivista anarchica. 

Questa voce è stata pubblicata in C.I.E., cronache, milano e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.