Dopo un periodo di relativa calma la rabbia degli immigrati torna a esplodere nella struttura gradiscana.
Non sappiamo quando sia iniziata la rivolta.
Un’attivista antirazzista che passava di lì riferisce che intorno alle 20 al di là delle mura si vedeva un gran fumo. Poi sono arrivati i vigili del fuoco e un’ambulanza.
L’onda lunga delle proteste che investono da giorni numerosi CIE, da Bari a Restinco, da Modena a Torino, è arrivata anche a Gradisca.
Proprio ieri, trasferiti con un volo speciale da Lampedusa, erano arrivati 50 tunisini. Trenta richiedenti asilo sono stati portati al CARA, gli altri sono stati rinchiusi nel CIE.
La situazione potrebbe diventare ancora più incandescente, perchè le migliaia di tunisini approdati in pochi giorni in Italia potrebbero essere l’avanguardia di un esodo molto più ampio.
Aggiornamenti del 15 e 16 febbraio: dai giornali si apprende che la rivolta è iniziata nella sezione rossa con l’incendio di alcuni materassi da parte di alcuni degli immigrati appena portati lì da Lampedusa. La situazione dentro il Cie è considerata ad alto rischio anche a causa dell’imminente cambio di gestione e dei lavori di ammodernamento appena iniziati. Infatti secondo i piani della Prefettura la struttura avrebbe dovuto ridurre ancora di più la capienza fino ad un minimo di 60-70 reclusi per permettere i lavori. I nuovi sbarchi di massa a Lampedusa mettono a rischio questa strategia e già si parla di nuovo di una polveriera pronta ad esplodere. Nel frattempo sono in cantiere nuove iniziative degli antirazzisti.
Ascolta l’intervista realizzata da radio Blackout.
Al CIE di Torino gli immigrati sono in sciopero della fame da sabato sera. La maggior parte di loro viene dalla Tunisia. Sono preoccupati per le famiglie, non riescono a mettersi in contatto e temono per la loro sorte. Tutti sentono il vento di libertà che viene dal nordafrica.
La sezione delle donne è stata svuotata per far posto agli immigrati approdati a Lampedusa.
Nella notte di domenica 13 febbraio un gruppetto di antirazzisti ha fatto un veloce saluto ai reclusi: petardi, battitura di ferri, slogan. Da dentro si è levato un gran fragore.
Il 15 febbraio, dopo un incontro con i responsabili del centro ai quali hanno chiesto miglioramenti nelle cure sanitarie e più velocità nell’esaminare la pratiche, i reclusi hanno interrotto lo sciopero della fame.
Il 16 febbraio una quarantina di antirazzisti si sono ritrovati al CIE per un presidio solidale. Numerosi e molto aggressivi digos, carabinieri e antisommossa.
Partiti con samba e battiture per un giro intorno a Centro, subito sopo la svolta in via Mazzarello, gli antirazzisti sono stati circondati dalla polizia che ha impedito loro di proseguire. Il pretesto per l’azione repressiva? Un compagno si è arrampicato sul muro ed ha acceso un fumogeno per salutare i ragazzi dentro.
Giovedì 17 febbraio. Il quotidiano Cronacaqui diffonde la notizia che un recluso è in isolamento perchè affetto da scabbia. La situazione, anche sanitaria, è sempre più critica: l’ondata di sbarchi di profughi e migranti dalla Tunisia sta portando al collasso le strutture. A Torino ci sono 170 reclusi per 120 posti.