Torino. Niente cure per chi si fa male

Torino, lunedì 22 novembre. Continua la lotta al CIE di Torino, dove, venerdì 19, quattro detenuti si erano cuciti le bocche, altri due avevano ingoiato pile. I sei immigrati, tutti tunisini, dopo le medicazioni in ospedale erano stati liberati con voglio di via. Secondo alcune fonti di stampa, supportate dalla notizia che nessuno conosceva l’italiano, i sei avrebbero fatto parte di un gruppo di “clandestini” sbarcato di recente all’isola d’Elba.
Il giorno successivo altri ragazzi si cuciono la bocca, ingoiano oggetti e vengono posti in isolamento. Nell’area rossa, dove erano stati concentrati i prigionieri evacuati dalla gialla, alcuni detenuti cominciano uno sciopero della fame.
La mattina successiva la polizia sequestra i telefonini nell’area rossa per impedire i contatti con l’esterno.
Nel pomeriggio alcuni prigionieri si tagliano con una lametta mani e piedi per protestare per la mancata assistenza a chi si era cucito le labbra o ingoiato pile.
I centralini del CIE sono intasati dalle telefonate degli antirazzisti che esprimono la loro indignazione.
In un’intervista al Corriere della Sera, il questore Aldo Faraoni esprime il timore che le proteste – a suo avviso teleguidate dall’esterno – si estendano. Non resta che sperare che le peggiori paure di Faraoni si rivelino del tutto fondate.

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