Archivi del giorno: 14 Luglio 2011

Ancora sciopero e blocchi alla TNT di Piacenza

Continua la lotta dei lavoratori alla TNT di Piacenza. Dopo le mobilitazioni di venerdì 8, il tavolo di trattativa previsto per il lunedì successivo si era rivelato un mero tentativo di sedare le lotta da parte della dirigenza delle due cooperative Stella e Vega, del gruppo Gesco Nord, già fin troppo noto per simili vicende di caporalato legalizzato.

La contropartita richiesta da capi e capetti in cambio di qualche timida e vaga concessione era stata la totale estromissione del sindacato Si Cobas che sta seguendo la vertenza.

Ma la risposta dei lavoratori non si è fatta attendere a lungo: rifiutata l’inaccettabile proposta dei padroni e la vergognosa offerta dell’importo di 100 euro a chi avesse restituito la tessera, hanno organizzato per la serata giovedì 14 luglio, un nuovo picchetto davanti all’azienda, con blocco dei camion in entrata e in uscita. Circa duecento, in gran parte lavoratori di Vega e Stella, insieme ad un gruppo di solidali, si sono ritrovati per più di cinque ore davanti ai cancelli. “Padroni di niente, schiavi di nessuno”, rivendicando i propri diritti e l’applicazione del contratto nazionale, denunciando le buste paga fittizie e chiedendo le dimissioni dei caporali “Ci avete sfruttato abbastanza, adesso è arrivato il momento che ve ne andiate”. L’infamia dei padroni si è palesata immediatamente: circa trenta lavoratori avevano già iniziato il turno e al loro tentativo di unirsi allo sciopero la reazione è stata il ritiro del badge d’accesso e la minaccia del licenziamento.

E mentre le forze del disordine schieravano le macchine dei carabinieri nel cortile e gli uomini della d.i.g.o.s. si affannavano a tradurre dall’arabo le decisioni prese dai lavoratori in assemblea, la dirigenza ha proposto un nuovo tavolo di trattativa per lunedì prossimo. Inutile dire che le aspettative sono scarse, ma determinazione nel dire basta è tanta, basta allo sfruttamento, basta alle perquisizioni personali da parte dei caporali in uscita dal lavoro, ai ritmi massacranti intervallati dall’imposizione di assurde pause non retribuite e alle continue minacce di licenziamento, perpetrate soprattutto nei confronti di chi, perdendo il lavoro, rischierebbe di perdere il permesso di soggiorno. Il presidio si è sciolto poco dopo l’una di notte ma la lotta non si ferma e sono previsti altri appuntamenti, sia prima, sia dopo il tavolo, se le cose non cambieranno davvero.
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Trapani. Muri e gabbie del nuovo CIE di Milo

Muri altissimi e gabbie di ferro per rinchiudere le vite di 200 immigrati senza carte. È l’ultimo CIE italiano, quello di Milo vicino a Trapani.
Lo hanno inaugurato i 50 tunisini trasferiti dalla tendopoli/lager di Chinisia, che è stata momentaneamente chiusa. A Milo hanno portato anche quattro richiedenti asilo, rinchiusi a Chinisia nonostante siano in attesa del riconoscimento dello status di rifugiati.
La struttura, costata 6 milioni di euro, è stata realizzata in un terreno contiguo all’area dell’ex aeroporto di Milo, vicino al Comando provinciale dei vigili del fuoco e alla stazione dell’Agenzia spaziale italiana. È previsto che in futuro ci sia anche una sezione femminile e un centro di accoglienza per richiedenti asilo.
La gestione del nuovo CIE è stata temporaneamente affidata al centro di accoglienza Badia Grande della Caritas di Trapani e alla cooperativa Insieme, del consorzio Connecting People.
Con l’abbandono di Chinisia, si chiude la vicenda delle tre tendopoli trasformate in altrettanti centri di identificazione e espulsione, con l’ordinanza 3935 del 21 aprile.
A Palazzo San Gervasio la tendopoli/cie è stata chiusa dopo l’inchiesta di Repubblica, anche se ufficialmente si parla di lavori di ristrutturazione. La tendopoli/cie di Santa Maria Capua Vetere è stata sequestrata dalla magistratura dopo l’incendio che l’ha distrutta.
La chiusura – sia pure temporanea – di Chinisia probabilmente è stata decisa in seguito alle proteste dei poliziotti trapanesi, che non ne volevano sapere di sorvegliare tre Cie nella stessa città. Naturalmente ai tutori del disordine statale poco importa delle vite negate dei migranti clandestini: pestaggi, umiliazioni e violenze sono il pane quotidiano che gli uomini in divisa fanno inghiottire ai reclusi dei CIE.
Anche a Chinisia, come nelle altre tendopoli/CIE, rivolte, fughe e repressione sono stati continui in poco più di tre mesi. I reclusi, in buona parte tunisini, dopo aver assaggiato il gusto aspro e forte della lotta per la libertà nel loro paese, non sono disposti a rinunciarvi.
A Trapani è stata rimandata la chiusura del vecchio Serraino Vulpitta, che era previsto fosse sostituito dalla nuova struttura di Milo.
Potrebbe essere interessante capire dove finiranno i 10 milioni di euro che l’ordinanza 3935 aveva stanziato per la ristrutturazione e la gestione delle tre tendopoli/CIE di Chinisia, Santa Maria Capua Vetere e Palazzo S. Gervasio.

Sulla tendopoli/lager di Chinisia e sulla rivolta e fuga del 23 giugno vale la pena leggere il reportage pubblicato il 4 luglio su Fortresse Europe. Continua a leggere

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