Archivi categoria: cronache

Quando l’emergenza diventa la norma

Sulla “nuova emergenza sbarchi” di queste settimane pubblichiamo l’articolo apparso sul n.24 di Umanità Nova. Da anni, ormai, la stagione estiva in Sicilia è sinonimo di viaggi disperati e tragedie legate all’immigrazione. Quest’anno, a dire il vero, tutto è cominciato … Continua a leggere

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Kyenge, la Lega e il retaggio coloniale

Le brutali dichiarazioni dell’esponente leghista Dolores Valandro, che augurava al ministro Kyenge di essere stuprata perché potesse capire cosa “provavano le vittime di stupro”, postata su un sito specializzato in “crimini degli immigrati” hanno suscitato un’indignazione indignazione tale da indurre … Continua a leggere

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Torino. Una piazza antirazzista

Venerdì 14 giugno, largo Saluzzo. Un’ottantina di persone hanno animato l’iniziativa antirazzista promossa dalla Cub in largo Saluzzo. All’assemblea di piazza hanno partecipato i ragazzi dell’ANPI della zona, che hanno raccontato della necessità che la memoria della Resistenza si coniughi … Continua a leggere

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Saluzzo. Braccianti sotto sgombero

Martedì 11 giugno. Dal 5 giugno era ormai esecutiva l’ordinanza del sindaco Allemano che sanciva lo sgombero dell’area dietro il Foro Boario a Saluzzo. Alternative non se ne vedono, il paradosso è il solito. Non ci sono le condizioni igienico-sanitarie minime perché gli immigrati abitino quell’area, allo stesso tempo però quelle braccia a basso costo servono. Soluzione: si accampino alla spicciolata senza creare problemi che acquistino una dimensione pubblica, si rendano più invisibili.
Riportiamo di seguito il comunicato diffuso su facebook dal Comitato antirazzista:
“150 migranti giunti per la raccolta della frutta e accampati sotto teli di fortuna non hanno trovato posto nelle strutture. Molti di loro non hanno un luogo dove stare dopo la chiusura, il 28 febbraio di quest’anno, dei campi per l’emergenza Libia. Un telo, un cartone bagnato e la speranza di un lavoro nella campagna della frutta sono le uniche cose che gli rimangono. Portiamo la solidarietà adesso.”
Nonostante la trattiva aperta con il comune all’alba dell’11 giugno si è presentata la polizia in assetto antisommossa per attuare lo sgombero della tendopoli. Sul posto sono accorsi alcuni solidali che hanno bloccato la strada per impedire ai camion dell’azienda per la raccolta dei rifiuti di entrare nel campo e alcuni avvocati che sono riusciti ad entrare.

Ascolta la diretta con Lele del Comitato antirazzista di Saluzzo realizzata dall’info di Blackout

Mercoledì 12 giugno
Ieri la polizia si è “limitata” a portare via le tende, senza cacciare i braccianti dall’area. Tutti gli immigrati hanno un permesso di soggiorno: sono in parte ragazzi reduci dall’emergenza nordafrica, altri vengono dalle regioni dell’est dove la crisi ha buttato in strada molti lavoratori stranieri, obbligandoli a migrazioni stagionali. Quest’inverno nella piana di Gioia Tauro, in estate in provincia di Cuneo.
Il comitato antirazzista ha cominciato una trattativa con il comune per avere un altro spazio, migliore, perché dotato di allacciamento elettrico e idrico.
I lavoratori e i solidali sono decisi a resistere e ad impiantare lì o altrove un nuovo campo.
Fanno appello alla solidarietà per le tende e alcuni tendoni per le cucine autogestite.
Venerdì 14 giugno una delegazione sarà a Torino nell’ambito della festa antirazzista promossa dalla CUB in largo Saluzzo. Appuntamento alle ore 18.

Ascolta l’aggiornamento di Lele
Qui puoi vedere il servizio del Fatto Quotidiano realizzato prima dello sgombero
Qui un articolo scritto da Lele per il blog Terre Libere, in cui viene raccontata la dinamica che porta allo sgombero.
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Fatih. Gli antirazzisti non dimenticano

Sono passati cinque anni. La‎ storia di Fatih, l’immigrato tunisino morto nel CIE – allora CPT – di corso Brunelleschi nella notte del 23 maggio 2008, non la ricorda quasi più nessuno. Fatih era un immigrato tunisino senza documenti. Nella … Continua a leggere

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CIE. L’eredità del governo Monti

Il fronte del CIE è sempre caldo. Nel presentare il programma della tre giorni contro il CIE del 23-24-25 maggio a Torino, abbiamo fatto una chiacchierata con Alberto, un compagno di Trapani, dove i due CIE – uno al momento chiuso per lavori … Continua a leggere

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Il Torto e la ragione. Sui recenti fatti del CIE di Milo

Qualche volta capita che i drammi quotidiani che si consumano all’interno di un Centro di Identificazione ed Espulsione, riescano a varcare gli alti muri di queste strutture per raggiungere l’esterno e l’opinione pubblica. La notizia dell’ultimo pestaggio ai danni di … Continua a leggere

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Presidi contro il CIE in Friuli-Venezia Giulia

Da molti anni (da ben prima che venisse aperto nel 2006) per il movimento anarchico in Friuli-Venezia Giulia la lotta contro il CIE di Gradisca è stata un impegno importante. Pur con alti e bassi, pur se non sempre in … Continua a leggere

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Sangue, terra e razzismo

La proposta della ministro Kyenge di applicare, sia pure a certe condizioni, lo jus soli ai bambini nati in Italia da genitori stranieri, ha scatenato ampie e prevedibili polemiche che hanno avuto tra i protagonisti fascisti e leghisti. L’ultimo ad … Continua a leggere

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Grecia. Lacrime e sangue

Siamo a Manolada, nel cuore del Peloponneso, dove immigrati/schiavi lavorano alla raccolta delle fragole. Un lavoro durissimo, sempre chini dotto le serre che si trasformano presto in forni. Gli immigrati bangla che ci lavorano non hanno molta scelta: questo lavoro … Continua a leggere

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Torino. Il CIE nella movida

Sabato 20 aprile. Pioggia e temporali concedono una breve tregua. Ci ritroviamo sotto la tettoia di piazza Madama, perché fuori ancora goccia e non è il caso di rischiare largo Saluzzo. Un po’ di cose buone da mangiare e poi … Continua a leggere

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I carabinieri, i profughi e la democrazia

“In Libia non c’era la libertà ma avevamo un lavoro, qui c’è la libertà ma niente lavoro”. Queste le parole di un giovane profugo, durante il corteo di ieri dei profughi dell’ex villaggio olimpico. Di lì ad un paio d’ore … Continua a leggere

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Fughe e rivolte al CIE di Modena

La scintilla della rivolta è scattata domenica 7 aprile. Un ragazzo diabetico è stato preso, identificato come clandestino e internato nel CIE. Un sopruso intollerabile al quele molti prigionieri hanno reagito con forza. Le prime proteste sono scoppiate nel cortile. … Continua a leggere

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Torino. Ridi in faccia al controllore

Venerdì 5 aprile. Un megafonino made in China da quattro euro, un mucchio di volantini, la samba armata di tamburi, un pink controllore che distribuisce biglietti, una piccola pattuglia di compagni in black and rose gli ingredienti di un pomeriggio … Continua a leggere

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CIE di Torino: sciopero della fame e piccioni morti

Martedì 2 aprile, CIE di corso Brunelleschi a Torino. Nella notte un recluso ha appiccato il fuoco nell’area gialla, già più volte danneggiata. Tutte le aree, tranne quella femminile, sono state quasi completamente distrutte dagli immigrati in lotta. L’area bianca … Continua a leggere

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200 profughi occupano all’ex villaggio olimpico

Torino, 30 marzo 2013. Questa mattina 200 profughi rimasti in strada dopo la fine “dell’emergenza nordafrica”, hanno occupato una casa del villaggio olimpico, la “ex Moi” in via Giordano Bruno 201.
La palazzina blu, rimasta vuota per 7 anni, da oggi sarà la nuova casa per uomini e donne, che il governo italiano ha buttato in strada dal 28 febbraio, quando per decreto è stata fissata la fine della protezione. Chiuse le strutture di accoglienza, ai profughi sono stati dati 500 euro in cambio di una firma su documento che liberava lo Stato italiano di ogni responsabilità nei loro confronti.
Nonostante la spesa esorbitante di un miliardo e 300 milioni di euro, ai profughi della guerra in Libia non è stato garantito alcun percorso di inserimento nella nostra società. Ancora una volta “l’emergenza umanitaria” è stata una buona occasione di lucro per le tante organizzazioni del terzo settore che l’hanno gestita.
Occupare una casa vuota è stata la scelta di lotta e di autonomia di gente che lo Stato italiano voleva invisibile, dispersa tra le vie di una nuova cavalcata per l’Europa delle frontiere, nascosta in qualche buco per clandestini, accampata nelle campagne della raccolta e delle schiavitù. Continua a leggere

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Pisa. I profughi resistono ed occupano

La fine dell'”Emergenza nordafrica” è stata stabilita per decreto governativo il 28 febbraio.
Alla gran parte dei ventimila uomini e donne arrivati in Italia due anni fa è stato negato il diritto d’asilo, perché nonostante fuggissero una guerra, erano nati in uno dei tanti paesi dell’Africa subsahariana.
In questi giorni si sono moltiplicate le proteste di chi si è ritrovato in strada con cinquecento euro e un permesso umanitario di un anno.
I profughi di guerra accolti in una struttura della Croce Rossa a Pisa hanno deciso di resistere, occupando i prefabbricati, per ottenere il completamento di un percorso di inserimento mai intrapreso davvero dagli enti che hanno lucrato sui grandi fondi messi a disposizione dei profughi di guerra provenienti dalla Libia.
La risposta del comune è stata l’immediato taglio del gas. Nelle prossime ore probabilmente taglieranno anche acqua e luce.
I profughi sono decisi a non mollare.
Ne abbiamo parlato con Luca, un compagno del gruppo anarchico Kronstadt di Pisa, che con tanti altri, specie studenti, sta dando una mano nell’occupazione.
Ascolta la diretta realizzata dall’informazione di radio Blackout Continua a leggere

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Torino. Ti ricordi di Fatih?

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Profughi in strada. Finita la festa per il terzo settore

Il prossimo 28 febbraio è prevista la fine della cosiddetta “Emergenza Nordafrica”: migliaia di rifugiati in tutta Italia rischiano di finire in strada.
Nell’anno e mezzo trascorso dall’inizio del Piano di Accoglienza sono stati parcheggiati senza prospettive, tra incuria, assistenzialismo e mera carità.
Strutture in condizioni indegne, senza acqua calda e riscaldamento, persone stipate in posti sovraffollati, disservizi e malaffare sono il risultato della gestione emergenziale imposta da un governo che ha deciso di elargire un miliardo e 300 milioni di euro ad una miriade di associazioni del terzo settore, che hanno ampiamente lucrato sulle vite dei rifugiati non garantendo nulla di quanto previsto per loro sulla carta.
Ai rifugiati provenienti dalla Libia non è stata data alcuna opportunità di rendersi autonomi, indipendenti ed inserirsi nei nostri territori. Niente corsi di formazione, nessuna traccia dell’inserimento lavorativo, zero inserimento abitativo.
Dulcis in fundo, il ritardo con cui il Governo ha disposto il rilascio dei permessi di soggiorno ha letteralmente ingabbiato i rifugiati: senza permesso, senza carta d’identità, senza titolo di viaggio, senza quindi poter scegliere di restare, di lavorare, oppure di ripartire verso altre mete.

Ne abbiamo parlato con Gianluca Vitale, avvocato da sempre in prima fila sul fronte dell’immigrazione.

Un ulteriore approfondimento con Federico un compagno di Trieste che lavora in una onlus, una delle poche che non hanno partecipato alla grande abbuffata, i cui “ospiti” hanno tutti trovato una sistemazione in Italia o sono stati da tempo aiutati a raggiungere i paesi dove avevano scelto di vivere.

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Migranti. Il buio oltre il filo spinato dei CIE

Per lunghi anni i governi di centro destra hanno giocato le proprie fortune sul tema del contenimento dei flussi migratori.
Entrare legalmente nel nostro paese è quasi impossibile: il meccanismo che rende clandestini è stato oliato con cura, messo al centro di una macchina tanto crudele quanto inutile.
Inutile perché il calo attuale dell’immigrazione è frutto della crisi e non della repressione.
Nell’ultima campagna elettorale il tema dell’immigrazione è pressoché scomparso, dimenticato, relegato nel limbo delle questioni che è meglio tacere.
Non conveniva parlarne al PDL e alla Lega che in tanti anni di governo hanno fallito tutti gli obiettivi dichiarati nella repressione della libertà di circolazione, non conveniva neppure al PD, la cui complicità attiva nella costruzione dell’apparato legislativo che ha imbrigliato le vite di migliaia di uomini, donne, bambini, non consentiva alcuna possibilità di smarcamento retorico, peraltro rischioso nella raccolta dei consensi. Non interessava neppure al M5S, il cui guru si è sin troppo spesso lasciato andare a dichiarazioni scopertamente razziste.
Oggi le condizioni di lavoro dei cittadini italiani, in regola con le carte, la cittadinanza, le residenza sono molto più vicine di un tempo a quelle degli immigrati, ricattati dalle leggi classiste che regolano l’ingresso nel nostro paese.
La condizione del lavoratore immigrato è stata modello per ridefinire le relazioni tra chi lavora e chi sfrutta il lavoro altrui. Oggi l’immigrato non è più un fantasma di cui avere paura, ma un poveraccio la cui condizione non è più tanto diversa dalla nostra.
La stessa macchina delle espulsioni si rivela sempre più inefficace. I CIE sono sempre meno luoghi di transito e sempre più luoghi in cui si sconta una pena che nessun tribunale ha sancito. Discariche sociali, nelle quali il fuoco della rivolta non sopisce mai del tutto.
D’altra parte dalla distruzione di Gradisca nel 2011 i governi hanno scelto la linea dura. Non ci sono più le camerate? Dormi in mensa! Non ci sono più materassi e coperte? Dormi per terra! Non ci sono più tavoli e sedie? Bivacchi sul pavimento!
Da allora le rivolte rivendicative hanno sempre più ceduto il passo alle sommosse per tentare la fuga.
Ormai, come raccontava qualche settimana fa una giovane avvocata, nel CIE di Torino “i materassi bruciano ogni notte”.
A Trapani come a Gradisca le fughe si susseguono alle fughe.

Anarres ne ha parlato con Marco Rovelli, autore di due libri sul lavoro migrante e i CIE, e con un attivista antirazzista triestino, Federico. Ascolta la diretta con Marco e quella con Federico
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