Primo Marzo a Reggio Emilia e Parma

“La dignità non ha colore”, “il rispetto non ha confini”, “abbattere le gabbie aprire le frontiere”, “rompere le gabbie”, “sicurezza o stato di polizia?”, “nei cie la polizia strupra, nei tribunali lo stato si assolve”. Sono solo alcuni slogan del corteo antirazzista che il 1° marzo ha attraversato il centro di Parma al ritmo di musica, slogan ed interventi al megafono. Dopo il riuscito presidio dell’anno scorso quest’anno si è deciso di scendere in strada per far sentire alla città la forza di un movimento di opposizione al razzismo.
Partecipato da numerose comunità straniere che hanno promosso l’iniziativa insieme a vari gruppi ed associazioni della città i manifestanti hanno sottolineato la volontà di combattere il razzismo dilagante e di opporsi alle discriminazioni, ai campi di concentramento della democrazia, i Centri di Identificazione ed Espulsione, alle leggi razziali, alle leggi e sanatorie truffa.
Un primo passo per incontrarsi e discutere su come scuotere una città come Parma, capofila dei progetti sulla sicurezza del Ministero degli Interni Roberto Maroni e teatro di numerosi rastrellamenti razziali ai danni di chi non ha documenti, di negazione dei diritti fondamentali, dalla casa al lavoro allo studio anche per chi è riuscito ad ottenere faticosamente quel pezzo di carta, rischiando sempre di perderlo con la perdita del lavoro.
Un corteo colorato e partecipato che ha coinvolto molte persone che si sono unite lungo il percorso: numerosi gli interventi durante e alla fine della manifestazione nella centrale Piazza Garibaldi, proprio sotto al Comune di Parma, professionista nel razzismo istituzionale e nelle discriminazioni razziali.
Presenti bandiere rosse e rosso e nere, distribuiti diversi volantini informativi sulla realtà dei Cie, sul ruolo della Croce Rossa Italiana e della Camst, sulla necessità di “mettersi di traverso” alla caccia ai senza documenti su treni, autobus e nei mercati.
C’è stato un grido collettivo di solidarietà per i popoli in lotta, dalla Tunisia all’Egitto alla Libia. In testa al corteo i nuovi abitanti delle due palazzine occupate di via Bengasi a reclamare il diritto alla casa ed alla dignità.

Anche quest’anno a Reggio Emilia si è tenuta la manifestazione antirazzista del primo marzo e lo sciopero dei lavoratori solidali alla lotta per i diritti dei migranti.
Le parole d’ordine del corteo erano chiare: permesso di soggiorno per tutti, chiusura dei cie, abolizione del pacchetto sicurezza e della Bossi-Fini, porre fine allo sfruttamento dei lavoratori, stranieri e non.
Il corteo si è snodato dalla stazione di Reggio, posta in un quartiere a forte presenza di immigrati, ed è proseguito per il centro cittadino. L’iniziativa ha visto scendere in piazza cinquecento persone, in gran parte stranieri, con in testa i lavoratori della GFE, “cooperativa” della bassa, dove in trecento sono da quattro mesi in presidio permanente per il mantenimento del posto di lavoro. L’iniziativa, promossa dal Comitato NoPacchetto sicurezza, è stata partecipata dagli universitari e dalle varie realtà della città. Molte le lingue utilizzate per ribadire sempre gli stessi principi: la solidarietà con gli insorti nordafricani e con i profughi in arrivo in Italia, la solidarietà con tutti gli sfruttati e la necessità di superare le distinzioni tra italiani e stranieri, perchè davanti agli sfruttatori siamo tutti sfruttati.
Dopo gli interventi conclusivi in piazza Casotti il corteo si è sciolto e si è tenuto un pranzo al circolo Berneri partecipato da molti manifestanti.

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