Archivi categoria: cronache

Per il pane e la libertà

Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto, Albania. L’altro Mediterraneo, quello da dove partono le barche degli immigrati, a caccia di fortuna e di un pizzico di libertà è in rivolta.
In Tunisia la fuga del dittatore – ma la fine del sistema di potere che per decenni ha schiacciato sotto un tallone di ferro il paese ancora non si vede – è costata centinaia di morti.
Leggi il comunicato di solidarietà con le popolazioni in lotta emesso dalla Commissione di Relazioni Internazionali della FAI.

A fianco della rivolta Tunisina
Nel 1999, l’ammiraglio Fulvio Martini, già dirigente del Servizio Segreto Militare (SISMI) riferì alla Commissione Stragi del Parlamento italiano: “Negli anni 1985-1987 organizzammo una specie di colpo di Stato in Tunisia, mettendo il presidente Ben Ali a capo dello Stato, sostituendo Bourguiba (esponente di primissimo piano nella lotta di indipendenza dal colonialismo francese, NdR)”. Martini, inoltre, nel suo libro “Nome in codice: Ulisse” precisò che le direttive venivano da Craxi e da Andreotti, allora rispettivamente presidente del consiglio e ministro degli esteri.
Successivamente l’oppositore del regime dittatoriale di Ben Ali, Taoufik Ben Brik ha denunciato come i governanti italiani abbiano rinforzato il regime “rimpinguando i suoi forzieri e armando il suo braccio contro il popolo”. Non a caso fu in Tunisia che il latitante Craxi si rifugiò, riverito, protetto e seppellito, per sfuggire alle condanne inflittegli.

La rivolta e la lotta in corso in Tunisia ci appartengono, le sentiamo come nostre, sia perché sono contro un regime dittatoriale, arrogante e corrotto sia perchè nate per conquistare, non solo migliori condizioni di vita, ma anche libertà di parola e di organizzazione. Le sosteniamo in quanto espressione autonoma di esigenze popolari, sganciate da logiche di compatibilità geopolitiche.

Mentre a destra e manca si denuncia il rischio dell’anarchia, e le classi dirigenti tunisine, con i loro protettori europei, stanno cercando di piegare ed ingabbiare la protesta popolare dentro un processo elettorale, per disarmare la volontà di lotta delle masse; mentre si è costituito un governo fantoccio, di fatto controllato dagli amici e colleghi di Ben Ali per garantire la continuità del sistema di sfruttamento e di oppressione; mentre il ministro Frattini si pronuncia per la “stabilità” dell’area (ove “stabilità” sta per “ordine e disciplina”) è importante pronunciarsi e manifestare a favore del tentativo di autoemancipazione popolare e sostenere con forza la protesta e la rivolta in corso, che si sta misurando con l’esercito e le bande armate fedeli all’ex presidente, fuggito con più di una tonnellata di lingotti d’oro.

La lotta insurrezionale tunisina sta aprendo la strada ad altre lotte in Algeria, Marocco ed Egitto, innescate dagli effetti disastrosi della crisi sociale; da questa parte del Mediterraneo dobbiamo mobilitarci affinché tali lotte e rivolte non vengano stroncate da nuove dittature, preparate e sostenute dai governi europei, stroncando ogni possibile forma di paternalismo e di razzismo tendenti a separare e a contrapporre quelli che sono gli interessi comuni di ogni lavoratore e di ogni essere umano: la dignità, la libertà, la giustizia sociale.
Commissione Relazioni Internazionali FAI
Continua a leggere

Pubblicato in cronache | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Per il pane e la libertà

Un lieto fine. Da Brescia a Gradisca e ritorno

Quella di Malik è una piccola storia di sopraffazione e ingiustizia come ne accadono tante, tutti i giorni, nelle nostre città. Questa volta però c’è un lieto fine. Sabato 1 gennaio Malik viene fermato dai Carabinieri di Pontevico (BS). Con … Continua a leggere

Pubblicato in brescia, C.I.E., cronache, testimonianze | Commenti disabilitati su Un lieto fine. Da Brescia a Gradisca e ritorno

Torino. Capodanno al CIE

Torino 1 gennaio 2011. Due blindati, due grupponi di poliziotti e finanzieri in assetto antisommossa e un folto nugolo di digos attendevano gli antirazzisti venuti a fare i fuochi di capodanno davanti al Centro di corso Brunelleschi.
In mattinata i quotidiani avevano diffuso la notizia che, grazie alla “direttiva rimpatri”, la normativa europea entrata in vigore il 24 dicembre, sei immigrati accusati di non aver ottemperato al decreto di espulsione, sono stati rimessi in libertà.

A Natale i reclusi avevano raccontato ai microfoni di radio Blackout di un pranzo a base di pasta fredda e immangiabile. Nel pomeriggio del 31 dicembre quattro grosse borse piene di cose buone sono state consegnate ai prigionieri delle quattro sezioni “operative” del Centro, la rossa, la verde, la viola, la gialla. Sorrisi e complicità hanno accolto il dono, specie nella sezione femminile.
In contemporanea, da un balcone di fronte, ben visibile dall’interno del CIE, è stato appeso uno striscione bianco con la scritta “Freedom”: un fumogeno rosso lo ha illuminato.

Allo scoccare della mezzanotte davanti al muro del Centro sono partiti slogan e battiture.
Libertà, libertà, libertà. E poi i fuochi, i petardi, i fumogeni. Quelli dell’antisommossa si sono spostati lesti lesti un po’ più in là. Gli antirazzisti, numerosi nonostante il freddo, si sono fatti sentire ancora più forte.
Un lungo anno è appena trascorso. Fuori e dentro le gabbie è cresciuta la resistenza: a noi tutti l’impegno perché non sia troppo in là un tempo senza muri e senza gabbie.
Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, rassegna stampa, torino | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Torino. Capodanno al CIE

Gradisca. Lavori, appalti e chiacchiere

Le feste non spengono l’attenzione sul CIE di Gradisca. Anzi. Il consigliere regionale Antonaz, dopo una visita alla struttura, ha rilasciato dichiarazioni roboanti. Ha detto che “la situazione al Cie è inaccettabile”, che quello di Gradisca va chiuso. Peccato che Antonaz se ne sia stato zitto per anni.
Non è da meno l’ormai celebre parroco di Gradisca, Maurizio Quaglizza, che dichiara ai giornali che “il Cie è angosciante come un carcere”. Peccato che non abbia nulla da dire sulla benedizione dei nuovi lampioni pagati da Maroni, per rendere più difficile la fuga dal Centro.

Ci sono invece importanti novità sui lavori di ristrutturazione e il nuovo bando per la gestione.
I lavori sono stati assegnati, la fortunata ditta è veneta, la Easy Light Impianti s.r.l. con sede a San Michele al Tagliamento in via Apicilia Pozzi 10, tel. 043154005-043154361, e-mail: easylight@netanday.it.
Chi sa? Potrebbe essere interessante telefonare o spedire una mail con una domanda semplice semplice: ristrutturare un lager è un lavoro come un altro?

Ancora non si sa quanto tempo ci vorrà per finire e neppure se in quel periodo il CIE sarà svuotato.
Di sicuro c’è che il 1 febbraio sapremo se CIE e CARA avranno un nuovo gestore.
A cinque anni dall’apertura del Centro friulano – era il 7 marzo del 2006 – il 2011 si annuncia all’insegna delle novità. Una bella ristrutturazione per rendere più difficili le fughe, e magari altri secondini al posto di quelli di Connecting People. Spetta agli antirazzisti fare il possibile, per incepparne i meccanismi.
Un buon augurio per l’anno nuovo? Che chiudano, e per sempre, tutti i CIE. Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, gradisca, rassegna stampa | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Gradisca. Lavori, appalti e chiacchiere

Trapani. Chi non dimentica… Foto e cronaca del presidio al CIE

Martedì 28 dicembre – undicesimo anniversario della strage del Centro di Permanenza Temporanea “Serraino Vulpitta” di Trapani – si è svolta la prima iniziativa nell’ambito della due giorni antirazzista promossa dal Coordinamento per la Pace, dal Circolo Arci “aMalaTesta” e … Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, trapani | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Trapani. Chi non dimentica… Foto e cronaca del presidio al CIE

Una vita a punti

Tra i tanti inghippi inventati dal governo per rendere complicata la vita degli immigrati c’è anche il permesso a punti.
Di che si tratta?
Naturalmente il nome vero è un altro: si chiama accordo di integrazione. Tradotto in italiano: io detto le regole e tu ti pieghi, perché altrimenti non sei sufficientemente integrato e quindi niente permesso di soggiorno.
Come quei software che non si attivano se non accetti le condizioni imposte dalla licenza, sei obbligato a sottoscrivere l’accordo di integrazione, dichiarando di aderire ai “principi della Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione” fissati dal Ministro dell’Interno nel decreto del 23 aprile 2007.
L’accordo ha come destinatari gli stranieri appena entrati in Italia. Avere in tasca un contratto di soggiorno non è più condizione necessaria e sufficiente al mantenimento del permesso di soggiorno. Al momento del rinnovo, dopo due anni, l’immigrato deve dimostrare di sapere l’italiano al livello “A2”, di conoscere la Costituzione nonché le regole imposte dallo Stato in materia di sanità, educazione dei figli, scuola, lavoro, tasse. Se non è in grado di presentare una documentazione che attesti il raggiungimento degli standard richiesti deve sottoporsi ad un test: se non lo passa viene buttato fuori anche se lavora.
L’accordo si articola in crediti che si possono accrescere acquisendo attestati che dimostrino di aver acquisito le competenze richieste, si possono anche perdere se si subiscono condanne o anche semplici denunce, o multe.
L’accordo di integrazione si mostra senza veli per quello che è: un’ulteriore selezione della manodopera immigrata. Gli immigrati con un buon livello di istruzione, con maggiori qualifiche professionali, messi in regola; gli altri, quelli che hanno studiato poco nel loro paese e certo non hanno tempo né modo di farlo in Italia, schiacciati sempre più nel limbo dei senza carte, per cui il lavoro e il futuro sono sempre più neri. Ma non solo, perché si introduce anche il voto di condotta, che può portare alla bocciatura anche l’allievo più diligente. Una scuola di disciplina per adulti.
Naturalmente non mancherà chi troverà il modo di farci dei bei soldi, perché è sin troppo facile prevedere quale enorme business saranno le scuole che rilasceranno le pagelle di idoneità. Per non dire dell’inevitabile traffico di attestati fasulli.
Ancora non è chiaro quando diverranno operativi gli accordi di integrazione per i nuovi arrivati.

Il 9 dicembre è invece stato introdotto il test di italiano per quelli che chiedono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Chi ha già o ha maturato i requisiti per il permesso di lungo soggiorno CE rischia, se non ce la fa, di non riuscire a rinnovarlo o ad ottenerlo.
A proposito… chi pensate che si occupi dei test? Il ministero dell’Interno, ovviamente! Che test e contratto di integrazione siano un tassello disciplinare nella vita degli immigrati lo dimostra che a gestirli sono le questure per conto del Ministero dell’interno, cui vanno fatte le domande, che fissa la data e luogo del test e ne comunica l’esito.
I test vanno fatti presso i Centri provinciali per l’Istruzione degli Adulti. Ma non tutti ci stanno a svolgere questa selezione di classe per conto del ministro di polizia: gli insegnanti che li fanno saranno pagati dal Ministero dell’Interno, esattamente come i poliziotti.
A Torino numerosi insegnanti del CTP Gabelli hanno annunciato con un lettera pubblica che rifiuteranno di fare i test, perché non vogliono essere complici.

Per capirne di più leggete la bozza di accordo di integrazione scaricata dal sito del ministero dell’Interno e il testo del regolamento del permesso a punti. Dulcis in fundo leggetevi l’elenco dei crediti decurtabili in caso di condanne, denunce o multe.
Continua a leggere

Pubblicato in cronache, rassegna stampa, torino | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Una vita a punti

Un ragionevole bilanciamento

Il 17 dicembre la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’applicazione del reato di clandestinità a chi è troppo povero per potersene andare. Se ne va così un altro pezzo del dispositivo legislativo messo in piedi dal governo. In luglio era stata dichiarata incostituzionale “l’aggravante di clandestinità”, ossia quella simpatica norma che stabiliva una pena più grave per i senza documenti.
Questa volta a sollevare il caso è stato il tribunale di Voghera, che si è trovato di fronte una donna, costretta a dormire in un sottoscala al freddo, priva di qualsiasi mezzo di sostentamento.
Il tribunale di Voghera ha contestato che la legge non prevedesse l’inapplicabilità del reato in caso di “gravi impedimenti”. Gli stessi “gravi impedimenti” che impongono al giudice di non condannare chi non se ne va la prima volta che gli viene notificato l’ordine di l’allontanamento, non sono previsti quando il clandestino viene raggiunto dal decreto di espulsione.
In altri termini se ti becco senza documenti e sei così povero da non poterti pagare il viaggio non posso sanzionarti, ma se ti becco di nuovo, ti do l’espulsione: se tu non prendi i piedi, il carrello portatutto e ti levi di torno ti condanno ad una pena che può arrivare anche a cinque anni. La consulta, bontà sua ha considerato tutto ciò “manifestamente irragionevole” perché ci deve essere “un ragionevole bilanciamento tra l’interesse pubblico all’osservanza dei provvedimenti dell’autorità, in tema di controllo dell’immigrazione illegale, e l’insopprimibile tutela della persona umana”. Per questi signori in toga il controllo delle persone immigrate è di “interesse pubblico” ma non bisogna esagerare!
A noi sembra “manifestamente irragionevole” che qualcuno, con o senza, “gravi impedimenti” sia sanzionabile perché vive dove ha scelto di vivere. A noi sembra “manifestamente irragionevole” che vi siano frontiere, guardie, giudici. C’è chi pensa che siamo pazzi, ma a ben guardare cosa capita in questo mondo fatto di frontiere, guardie e giudici ci pare sia manifestamente ragionevole volerli cancellare. Tutti.
Questo non toglie che ci faccia piacere che questa legge perda i pezzi per strada, ci mancherebbe!
Ha fatto meno piacere al deputato leghista Reguzzoni che nel question time del 22 dicembre alla Camera ha dichiarato che vorrebbe che la Corte costituzionale fosse sottoposta “al giudizio del popolo”
Il ministro dell’Interno Maroni nella sua replica ha sostenuto che il governo sta preparando le contromisure, eventualmente inserendole nell’ennesimo ddl sicurezza in discussione al Senato.
Sul sito dell’Asgi potete leggere le motivazioni della sentenza della Consulta.
Continua a leggere

Pubblicato in cronache | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Un ragionevole bilanciamento

Lenzuola annodate

Brescia, sabato 18 dicembre. La vendetta dello Stato contro gli immigrati più attivi nella lotta contro la sanatoria truffa non accenna a placarsi: retate, fermi, deportazioni. Per fortuna non sempre le ciambelle riescono con il buco. Noureddine ed Andrei, fermati e portati al CIE di Modena, perché la loro domanda di regolarizzazione è stata respinta, sono stati liberati per un vizio di forma. Ascolta Noureddine e Andrej ai microfoni di radio Onda D’urto.
Immigrati e antirazzisti si preparano alle festività di fine anno annunciando che non ci sarà nessuna tregua natalizia. Sabato pomeriggio c’è stato un presidio davanti alla stazione e all’interno del centro commerciale “Freccia Rossa”.

Torino, sabato 18 dicembre. Presidio antirazzista in piazza Castello per parlare delle ultime lotte al CIE di Torino, delle rappresaglie a Brescia, di Eldhy lasciato senza cure e morto in una cella gelida… ossia dell’Italia al tempo dei lager. Si conclude con un giro informativo in via Garibaldi e poi al mercatino davanti al comune. Leggi qui il volantino distribuito per l’occasione. Ascolta l’intervista a radio Onda d’Urto di una compagna della Rete “10 luglio antirazzista”.

Malpensa, sabato 18 dicembre. Una cinquantina di persone hanno dato vita ad un corteo contro le deportazioni all’aeroporto di Malpensa. La polizia, presente in forze, non ha permesso ai manifestanti di entrare nel terminal. Un gruppetto armato di striscione e volantini è comunque riuscito a passare. I manifestanti hanno ricordato la vicenda di “Mimmo”, deportato per aver partecipato alla lotta degli immigrati bresciani. Un cartello invitava al boicottaggio delle compagnie che collaborano alle espulsioni. Qui trovi il volantino di indizione e qui puoi leggere un resoconto della giornata.

Milano, domenica 19 dicembre. Ci hanno provato in undici, ma solo quattro sono riusciti a riguadagnare la libertà, fuggendo dal CIE di via Corelli. Lenzuola annodate e poi e poi via, lontano.

Tante iniziative nell’auspicio che tante altre lenzuola si annodino, che cresca la solidarietà e la resistenza alla barbarie.
Continua a leggere

Pubblicato in brescia, C.I.E., cronache, milano, torino | Contrassegnato , , , , , | Commenti disabilitati su Lenzuola annodate

Torino. Da 14 giorni in sciopero della fame

Giovedì 16 dicembre. Hassan e Arbil, in sciopero della fame da ormai 14 giorni al CIE di corso Brunelleschi, sono decisi a non mollare. Hassan, visitato ieri all’ospedale “Martini” di via Tofane, è dimagrito di 12 chili ed ha ancora nell’intestino una pila e due bulloni ingoiati nel corso della protesta. Anche Bachir, in sciopero dall’8 dicembre, va avanti.
Si moltiplicano le iniziative di informazione e sostegno alla loro lotta. Una lotta di libertà.
Dopo i presidi di sabato 18, nella mattinata di ieri c’è stato un volantinaggio informativo al “Martini” per sensibilizzare medici e sanitari su quanto avviene al CIE e sulla pratica diffusa di addomesticare i referti medici di chi arriva pesto e sanguinante dai centri.
In prima serata c’è stato un presidio volante di fronte al muro di via Monginevro, quello più vicino alle celle di isolamento, dove sono rinchiusi al freddo Hassan ed Arbil. Grida e slogan di saluto sono state rivolte ai reduci della rivolta del 12 dicembre in via Corelli a Milano.

Prossimo appuntamento sabato 18 dicembre dalle 15 in piazza Castello angolo via Garibaldi. Per raccontare dell’Italia al tempo dei lager, delle lotte nei CIE e del nuovo “pacchetto sicurezza” in discussione in queste ore in parlamento. Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, torino | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Torino. Da 14 giorni in sciopero della fame

Torino. Antirazzisti in piazza, al CIE e… al banchetto del PDL

Domenica 12 dicembre. Nel pomeriggio appuntamento nella centralissima piazza Castello affollata per le compere natalizie.
Messe in centro alla piazza le transenne che da qualche settimana blindano il palazzo della Regione, più volte assediato dagli studenti in lotta contro la riforma Gelmini, appeso lo striscione “Torino è antirazzista”, è partito un vivace presidio con Samba Band, distribuzione di volantini e interventi per raccontare di Hassan e Arbil. Condannati dal tribunale a meno di due anni per la rivolta del 14 luglio al CIE di Torino, vi hanno fatto ritorno dopo cinque mesi di galera. Sono in sciopero della fame da 11 giorni: chiedono di essere tolti dall’isolamento e di avere una cella riscaldata. Hassan ha ingoiato due bulloni e una pila. Nella notte di venerdì 10 si è sentito male, provato dallo sciopero e forse dall’ingestione di qualche altra porcheria, nella notte è stato condotto all’ospedale. Dopo quella sera il cellulare di Hassan è rimasto spento.

Nel nostro paese il deserto della disinformazione fa capolino dietro la valanga di informazioni che ci investe quotidianamente. Troppi non sanno neppure cosa sia un CIE e perché uomini e donne vi siano rinchiusi. Troppi non sanno che la clandestinità è la condizione “normale” per un immigrato nel nostro paese. Entrarci legalmente significa avere in tasca un contratto di lavoro: voi conoscete qualche padrone disposto ad assumere un operaio a duemila chilometri di distanza, senza averlo mai visto? Troppi non sanno nulla delle rivolte, delle fughe e delle violenze quotidiane che scandiscono la vita di chi è rinchiuso – sino a sei mesi – in uno di questi moderni lager della democrazia. Una signora molto anziana, piccina compita, elegante nel suo cappottino rosso made in China, dice “è sempre la stessa storia, se la prendono con la povera gente”. In una battuta questa donna ha riassunto il senso di una lotta, che, in primis, è lotta perché la “povera gente” smetta di essere tale. Un marocchino alto, allampanato, lo sguardo un po’ febbrile ci dice “ho perso il lavoro, tra poco mi scade il permesso, ho due figli… cosa posso fare?”

Dopo un paio d’ore gli antirazzisti si spostano sull’altro lato della piazza, all’angolo con via Roma, dove c’è un banchetto del PDL. In testa la Samba Band che suona e grida “libertà è cacciarvi di qua!”. Si schiera l’antisommossa e anche una piccola folla di gente che osserva la scena: quelli del PDL danno in escandescenze e gridano un ormai trito “andate a lavorare!”, cui gli antirazzisti rispondono per le rime, ricordando come il lavoro sia sempre più duro, pericoloso, malpagato, senza tutele grazie alle leggi emanate dal governo Berlusconi. Stupiti dello stupore di chi proprio non capisce ci guardano allibiti, quando dal megafono una compagna dice “dopo Berlusconi noi non vogliamo nessun governo, perché la libertà, quella vera, non delega a nessuno il proprio futuro, perché non c’è giustizia sociale se non si mandano via tutti i padroni”. Un applauso spontaneo della folla accompagna il passaggio sulla sanità per i cittadini di serie A, quelli che possono pagare, e la sanità per cittadini di serie B, quelli cui tocca lavorare per pochi euro al mese e le cure non possono proprio pagarsele.

Ma la giornata non finisce lì. Gli antirazzisti si spostano al CIE di corso Brunelleschi. Al ritmo della Samba, si fa il giro per andare all’ingresso principale che, dopo la ristrutturazione di due anni fa, è stato spostato in via Mazzarello. Si fa qualche intervento sperando che riesca ad oltrepassare il muro: dall’altra parte arriva un “grazie!”. Poco prima dell’ingresso si schiera l’antisommossa per bloccare il passaggio, gli antirazzisti li aggirano e si piazzano sull’ampia pensilina spartitraffico di fronte al CIE. Due compagne vanno comunque dall’altra parte per avere notizie dei ragazzi in sciopero della fame, in isolamento al freddo e senza più collegamento con l’esterno.
Esce infine un “responsabile” che rifiuta di dire il suo nome e pontifica su quel giardino delle delizie che si trova al di là del muro. A suo dire Hassan sta bene, al caldo, visitato dai medici.
Il guardiano del lager – rigorosamente celato dietro all’anonimato – canta la sua canzone, peccato che da oltre quel muro, giorno dopo giorno, per anni sia arrivata ben altra musica.
Il messaggio, quello che più conta, l’hanno dato gli antirazzisti: siamo qui, sappiamo quello che succede, avete i nostri occhi addosso.
Nel frattempo al CIE di Torino hanno trasferito una decina di immigrati reduci dalla rivolta che la notte precedente aveva gravemente danneggiato il CIE di via Corelli a Milano. Molti sono messi male perché la polizia è entrata nelle sezioni, pestando a sangue i ribelli. Una mattanza feroce.
Nella mattinata di lunedì 13 dicembre ridanno il cellulare ad Hassan, che è sempre più debole, ma determinato a non mollare la lotta.
Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, torino | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Torino. Antirazzisti in piazza, al CIE e… al banchetto del PDL

Cie di Gradisca: gli sbirri vogliono anche i cani

Sull’inizio dei lavori di “ristrutturazione” il segreto è totale sia sui tempi, che sulle modalità nonchè sulla gara di appalto. La cosa non sorprende visto che fin dalla sua costruzione la struttura gradiscana è stata coperta da segreto di stato … Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, gradisca, rassegna stampa | Commenti disabilitati su Cie di Gradisca: gli sbirri vogliono anche i cani

CIE di Torino. Sette giorni di sciopero della fame

Giovedì 9 dicembre. Hassan e l’altro tunisino rinchiusi al freddo in isolamento continuano lo sciopero della fame nel centro di corso Brunelleschi. Un paio di giorni fa Hassan ha ingoiato dei ferri. Per una settimana i due immigrati non erano stati né visitati né curati. Solo oggi sono stati portati all’ospedale, il “Martini” di via Tofane. Il medico che li ha visti – dopo aver parlato con Hassan – ha protestato con i guardiani. Al ritorno al CIE è stato loro promesso che il riscaldamento verrà riparato. La soluzione più semplice, quella di portarli in un reparto “normale” al caldo non è stata nemmeno presa in considerazione. È la vendetta di poliziotti e crocerossini verso chi si è ribellato. Non è bastata la dura condanna subita per la rivolta di luglio, un po’ di tortura non poteva mancare. Per carità niente di che: una tortura sotf, democratica. Il freddo, l’isolamento, l’indifferenza e, quando ci scappa ci scappa, una buona dose di legnate. Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, torino | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su CIE di Torino. Sette giorni di sciopero della fame

Torino. Condanne, pestaggi umiliazioni per i ribelli del CIE

Sabato 4 dicembre. Il 2 dicembre sei immigrati tunisini sotto processo per la rivolta dello scorso 14 luglio sono stati condannati dal tribunale di Torino. Accolte dai giudici le richieste del PM di pene comprese tra l’anno e mezzo e i due anni e otto mesi. Ai tre con meno di due anni è stata concessa la sospensione condizionale e sono stati ricondotti al CIE. Messi in isolamento in una sezione senza riscaldamento hanno protestato, chiedendo di essere trasferiti nelle aree comuni. La risposta è stata chiara e secca: un ragazzo è stato pestato e portato non si sa dove. Secondo Hassan, uno dei suoi due compagni, potrebbe essere in infermeria oppure in carcere. Lo stesso Hassan, condotto dal giudice di pace per la convalida, è stato obbligato, unico tra altri cinque, ad una umiliante perquisizione personale. I due tunisini sono ora in sciopero della fame.
Chi volesse protestare per quest’ennesimo sopruso può chiamare il CIE e dire la propria. Questi sono i numeri: 011 5588778 – 011 5588815
Ascolta qui la testimonianza di Hassan ai microfoni di radio Blackout
Questa sera – alle 19 – presidio solidale al CIE di corso Brunelleschi.
Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, torino | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Torino. Condanne, pestaggi umiliazioni per i ribelli del CIE

Cie di Gradisca: tra scritte, preti e lampioni

Gradisca, 3 dicembre. Non accenna a placarsi il dibattito su quello che succede dentro e fuori le mura del CIE. Dopo i vari casi di autolesionismo dei giorni scorsi, ora è una scritta tracciata sulla facciata del comune di Gradisca a provocare le polemiche. Tutto accade pochi giorno dopo l’inaugurazione – con tanto di benedizione del parroco – dei nuovi lampioni intorno al CIE. Più luce intorno alle gabbie per garantire maggiore “sicurezza”. Per rendere la vita più difficile a chi cerca di riprendersi la libertà. Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, gradisca, rassegna stampa | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Cie di Gradisca: tra scritte, preti e lampioni

Senza pietà. Dalla torre al CIE

Milano, 2 dicembre. 28 giorni in cima ad una torre con l’inverno alle calcagna. Alla fine erano rimasti solo in due, Marcelo ed Abder. Volevano arrivare almeno a sabato, ma non ce l’hanno fatta: una colica renale ha obbligato Abder a scendere, dopo poco è venuto giù anche Marcelo.
Abder aveva in tasca la ricevuta della sanatoria, ma sapeva che la sua domanda era stata respinta: la questura si era premurata di farglielo sapere il giorno prima. Abder è uno dei tanti che aveva sperato nella sanatoria “colf e badanti” per emergere dalla clandestinità: aveva pagato i contributi ma il suo padrone, presi i soldi, non si era mai presentato in questura per la conferma.
Poteva starsene tranquillo, in silenzio, nel limbo di vita sospesa di tutti i senza carte: con un po’ di fortuna non l’avrebbero preso. Ma in quest’autunno di ghiaccio gli immigrati alzano la testa, lottano per la libertà di muoversi, per la dignità, per una vita fuori dal margine in cui è stretta dalle leggi di questo paese.
La vendetta dello Stato non si è fatta attendere. Dopo un breve ricovero al Niguarda, Abder è stato preso in fretta e furia e portato di filato al CIE di via Corelli. I compagni hanno provato inutilmente a mettersi in mezzo.
Un corteo spontaneo è partito dal presidio sotto la torre verso la questura di via Fatebenefratelli. Ma per Abder è ormai tardi: quando lo rintracciano al telefono è già oltre il muro. Il presidio davanti alla questura, dopo lunghi momenti di tensione, si scioglie. Marcelo, essendo italo-argentino, ha la doppia nazionalità e può andarsene a casa.
A Milano, come già a Brescia, il governo non fa sconti. Hanno paura, paura che la lotta contro la sanatoria truffa si estenda, paura che nei campi del meridione, nei magazzini del nord, nei cantieri delle grandi opere, nelle fabbriche e nei mercati generali, qualcuno alzi lo sguardo verso una gru, verso una torre e si faccia coraggio. È andata male. A noi tutti il compito di rendere più solide le reti di sostegno intorno a chi lotta.
Continua a leggere

Pubblicato in C.I.E., cronache, milano, rassegna stampa | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Senza pietà. Dalla torre al CIE

Gheddafi batte cassa

Martedì 30 novembre. Gheddafi, dalla tribuna della conferenza tra l’Unione Africana e l’UE, ribadisce che vuole soldi. E tanti. Non è la prima volta che il leader libico batte cassa: lo aveva già fatto il 30 agosto in occasione della sua visita in Italia ad un anno dalla stipula degli accordi sui respingimenti in mare. L’argomento è sempre lo stesso: se volete un cane da guardia alle porte del Mediterraneo dovete pagare. Cinque miliardi di euro è la sommetta che Gheddafi pretende dall’Unione Europea, chiedendo una “maggior cooperazione tra Africa ed Europa” sul modello dell’intesa tra Italia e Libia.
Continua a leggere

Pubblicato in cronache | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Gheddafi batte cassa

Egitto/Israele. Un altro muro

L’ultimo di cui sappiamo lo hanno ammazzato l’11 novembre. Aveva solo ventun’anni e fuggiva dalla guerra infinita che sta inghiottendo le vite di tanti giovani eritrei. Ma la guerra, quella contro immigrati e profughi, lo ha raggiunto ad un passo dal confine tra Egitto ed Israele. La polizia di frontiera egiziana gli ha sparato nel deserto del Sinai.
I giovani eritrei sono obbligati ad un servizio militare senza fine. Molti disertano e sono disposti a tutto pur di non tornare indietro. Chi viene riacciuffato è torturato atrocemente. “Non uccideteli. Se muoiono non soffriranno abbastanza”: sono le parole rivolte ai colleghi da una guardia carceraria eritrea.
Dopo gli accordi tra Italia e Libia per i respingimenti in mare di profughi e immigrati sono sempre di più quelli che provano la nuova rotta, aperta dai rifugiati dal Darfur, dopo la strage del 30 dicembre 2005. Quel giorno l’esercito egiziano assalì 3.500 sudanesi disarmati che da tre mesi erano accampati in segno di protesta nel parco “Mustafa Mahmoud”, al Cairo, non lontano dagli uffici dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Fu una strage. Tra i 25 morti c’era anche una bambina di quattro anni. Da allora i sudanesi del Darfur, cui è negato lo status di rifugiati, non provano più a rimanere in Egitto e tentano la strada per Israele.
Una traversata pericolosa come quella del mare, tra un deserto e guardie pronte a sparare.

Israele, dopo una breve stagione di accoglienza, ha deciso di sigillare le proprie frontiere. Con un Muro. Un altro muro delle vergogna, simile a quello costruito in Cisgiordania, verrà eretto lungo 110 dei 240 chilometri di confine con l’Egitto. La costruzione è cominciata il 22 novembre.
Non sappiamo se raggiungerà lo scopo di tenere fuori i 700 immigrati che ogni settimana provano a passare la frontiera. Sappiamo tuttavia che altri ragazzi vedranno spegnersi contro quel muro le loro speranze.

Sappiamo anche che le tariffe dei mercanti d’uomini sono destinate ad aumentare. È del 25 novembre la denuncia dell’associazione Habeshia diffusa dall’agenzia Amisnet di “ottanta profughi eritrei sequestrati al confine tra Egitto e Israele.” Pare siano partiti dalla Libia, pagando duemila dollari, ma ora i passeur pretendono di più.”
“Sono tenuti legati con le catene ai piedi, non hanno acqua per lavarsi da venti giorni, sono segregati in case nel deserto del Sinai, sotto minaccia di morte se non pagano ottomila dollari ai trafficanti di uomini”. La denuncia arriva dall’associazione Habeshia.
Leggi l’articolo pubblicato da PeaceReporter e quello comparso su Il pane e le rose
Continua a leggere

Pubblicato in cronache, rassegna stampa | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Egitto/Israele. Un altro muro

Reggio Emilia. Un fronte contro la truffa della sanatoria

Sabato 27 novembre. Continua la campagna informativa per denunciare e costruire un fronte di mobilitazioni contro la Sanatoria Colf e Badanti (sanatoria truffa).
In piazza Prampolini si è svolto un presidio con distribuzione di volantini per lanciare la due giorni di dibattiti, musica e cibo che si terranno sabato e domenica 4 e 5 dicembre in una apposita tenda in piazza Prampolini.
Leggi qui il volantino distribuito per l’occasione.
Continua a leggere

Pubblicato in cronache, reggio emilia | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Reggio Emilia. Un fronte contro la truffa della sanatoria

Torino. Gli immigrati alzano la testa

Sabato 27 novembre. In piazza contro la truffa della sanatoria “colf e badanti”. Ma non solo. In piazza contro l’intero mosaico normativo costruito per asservire e ricattare i lavoratori stranieri. Contro vecchi e nuovi pacchetti sicurezza, contro i CIE, contro i militari in strada, contro il permesso a punti, l’ultima trovata – ormai ai blocchi di partenza – per piazzare altre trappole sulla strada di chi emigra nel Bel Paese per afferrare un’opportunità di vita.
Il corteo – indetto dalla Rete “10 luglio antirazzista” – partito da Porta Nuova intorno alle 15 – ha attraversato le strade di S. Salvario per poi dirigersi in centro e concludersi davanti al Palazzo della Regione Piemonte.
Dietro allo striscione “Torino è antirazzista” c’erano le associazioni degli immigrati e i sindacati di base, i centri sociali e gli occupanti di case, gli studenti in lotta e i rifugiati, c’erano le formazioni nate dalla diaspora comunista. Duecento compagni e compagne hanno dato vita allo spezzone dell’anarchismo sociale aperto dallo striscione “La dignità non chiede permesso. Nostra patria è il mondo intero”. Con gli anarchici ha sfilato anche una delegazione del coordinamento immigrati di Alessandria e provincia.
Ben oltre il migliaio i partecipanti, che, negli interventi e negli slogan, hanno puntato l’indice contro una legislazione che strangola le vite degli stranieri, asservendoli al lavoro “che rende liberi”, perché solo chi ha un lavoro regolare ha il diritto legale di risiedere in Italia. Molti, troppi, sono obbligati a chinare la testa per non perdere il lavoro e, quindi, anche i documenti. Chi, invece, un lavoro regolare non c’è l’ha, vive nel limbo degli irregolari, degli apolidi di ogni tempo, sempre all’erta, sempre a rischio di essere scoperto, chiuso in un CIE e poi deportato.
Gli immigrati e gli antirazzisti lo hanno detto e gridato con forza: “è la legge che crea i clandestini”. I clandestini sono utili, utilissimi: chi dice di non volerli, chi dichiara che li getterebbe tutti a mare, in realtà non può fare a meno di loro. Costano poco e faticano tanto. Finché dura è una pacchia per i padroni che lucrano sulle vite di tutti i lavoratori. Non importa se stranieri o italiani: ai padroni interessa il colore dei soldi, non quello della pelle.
Il corteo di ieri a Torino è uno dei tanti segni, grandi e piccoli, che gli immigrati stanno alzando la testa: sono stanchi di aver paura e cominciano a pensare che è tempo di fare paura.
La strada è tanta e tutta in salita. Di questi tempi occorre puntare al cielo per restare in piedi, per porre la basi per spezzare questo sistema di oppressione sfruttamento. Continua a leggere

Pubblicato in cronache, lavoro, torino | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Torino. Gli immigrati alzano la testa

Antirazzisti al Torino Film Festival

Torino, venerdì 26 novembre. Serata inaugurale del TFF con tanta gente ben vestita e camionette dei carabinieri in assetto antisommossa all’ingresso. Mentre la digos era impegnata con gli studenti universitari giunti in corteo da Palazzo Nuovo occupato, gli antirazzisti, rapidi ed elegantissimi nei loro giacconi invernali, sono entrati nel teatro.
Di fronte al pubblico della platea è stato aperto lo striscione “Torino è antirazzista”, dai palchi in alto è stato appeso lo striscione “contro la sanatoria truffa – permesso di soggiorno per tutti”. Un lungo applauso ha accolto l’arrivo degli antirazzisti e l’intervento letto da un giovane immigrato.
All’uscita gli antirazzisti si sono uniti agli studenti e in corteo spontaneo hanno raggiunto la sede delle facoltà umanistiche. Continua a leggere

Pubblicato in cronache, torino | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Antirazzisti al Torino Film Festival