CIE. Cosa bolle nella pentola del governo?
Riportiamo in questa pagina in costante aggiornamento le cronache e le riflessioni delle ultime settimane sul fronte del CIE, per cercare di capire cosa stia davvero bollendo nella pentola del governo, dopo la campagna mediatica che ha ri-messo al centro dell'attenzione i centri per senza carte, le leggi razziste del nostro paese, la difficoltà del governo a fare fronte ad una spesa enorme, tra gestione dei centri, espulsioni, ristrutturazioni continue dei CIE danneggiati o distrutti dalle rivolte.
Siamo convinti che il governo intenda liberarsi della patata bollente, facendo sì che tutto cambi, affinché tutto resti come prima.
Proviamo a vedere come, andando oltre i toni intollerabilmente melensi dei media.
Iniziative contro il CIE di Gradisca in maggio e giugno
A pochi chilometri da noi a Gradisca d’Isonzo dal 2006 esiste un CIE (centro di identificazione ed espulsione). In questa prigione sono reclusi in condizioni durissime decine di cittadini non dell’unione europea per il solo motivo di non possedere (o non possedere più) un permesso di soggiorno valido. Divieto di leggere, di comunicare con l’esterno, psicofarmaci, privazioni e soprusi di ogni tipo sono pane quotidiano e provocano tra l’altro continui episodi di autolesionismo. Riteniamo importante far conoscere l’esistenza di questi luoghi e le logiche che li governano, promuovendo iniziative di informazione e denuncia. Invitiamo tutti e tutte a partecipare e a contribuire in modo attivo alle iniziative che si terranno nei prossimi giorni: Trieste, sabato 18 maggio dalle 17 in via delle Torri (dietro la chiesa di s.antonio) Pordenone, sabato 18 maggio dalle 17 in p.tta Cavour Udine, sabato 24 maggio al nuovo spazio sociale in viale Osoppo Le iniziative vogliono anche promuovere la partecipazione al presidio regionale che ci sarà sabato 1 giugno nel pomeriggio di fronte al CIE di Gradisca indetto dal Coordinamento regionale contro i CIE.Sabato 20 aprile – Il CIE tra la movida di Torino
ore 19,30 aperibenefit antirazzisti sotto processo ore 20,30 assemblea sui CIE con testimonianze ore 22 presidio antirazzista itinerante per portare il CIE in mezzo alla città. Appuntamento alle 19,30 in largo Saluzzo "Baldacci ti ricordi di Fatih? Croce Rossa assassina!" Questo striscione è apparso lo scorso mese davanti alla villa di Antonio Baldacci, responsabile del CIE di Torino. Fatih era un immigrato tunisino senza documenti rinchiuso nel CIE di Torino. Nella notte del 23 maggio 2008 stava male. Per tutta la notte i suoi compagni di detenzione chiesero inutilmente aiuto. La mattina dopo Fatih era morto. Non venne eseguita nessuna autopsia. Non sappiamo di cosa sia morto Fatih. Sappiamo però che in una struttura detentiva gestita dalla Croce Rossa nessuno lo ha assistito. Due giorni dopo il colonnello e medico Baldacci dichiarerà "gli immigrati mentono sempre, mentono su ogni cosa". Parole che ricordano quelle degli aguzzini di ogni dove. Il 2 giugno 2008 un gruppo di antirazzisti si recò a casa Baldacci per un "cacerolazo". Si batterono le pentole davanti alla sua casa, si distribuirono volantini, si appesero striscioni. La protesta di persone indignate per una morte senza senso. Oggi quella protesta è entrata nel fascicolo del processo contro 67 antirazzisti, che lottarono e lottano contro le deportazioni, la schiavitù del lavoro migrante, la militarizzazione delle strade. I 67 attivisti coinvolti nel processone sono accusati di fare volantini, manifesti, di lanciare slogan, di dare solidarietà ai reclusi nei CIE, di contrastare la politica securitaria del governo e dell'amministrazione comunale. L’impianto accusatorio della procura si basa su banali iniziative di contestazione. L'occupazione simbolica dell'atrio del Museo egizio - 29 giugno 2008 - per ricordare l'operaio egiziano ucciso dal padrone per avergli chiesto il pagamento del salario; la contestazione - 17 luglio 2008 - dell'assessore all'integrazione degli immigrati Curti, dopo lo sgombero della casa occupata da rom in via Pisa; la giornata - 11 luglio 2008 - contro la proposta di prendere le impronte ai bambini rom di fronte alla sede leghista di largo Saluzzo; la protesta - 20 marzo 2009 - alla lavanderia "La nuova", che lava i panni al CIE di corso Brunelleschi… ma l'elenco è molto più lungo. Decine iniziative messe insieme per costruire un apparato accusatorio capace di portare in galera un po’ di antirazzisti. Nel CIE di Torino negli ultimi due mesi si sono susseguite le lotte e le rivolte. Tutte le sezioni del CIE sono state gravemente danneggiate. In febbraio la polizia ha pestato, gasato gli immigrati in rivolta dopo un fallito tentativo di fuga. Sei sono stati arrestati. Nonostante la repressione le lotte non si sono fermate. Per evitare la deportazione qualcuno si taglia, altri salgono sul tetto. Il CIE è quasi inagibile. In alcune sezioni gli immigrati dormono su materassi gettati in terra. La scorsa settimana tutti i reclusi, ormai solo 47, hanno fatto uno sciopero della fame di due giorni. Per la libertà. Nei CIE le lotte, le fughe, la gente che si taglia per sfuggire all'espulsione da lunghi anni sono pane quotidiano, come quotidiana è la resistenza di chi crede che, nell'Italia dei CIE, delle deportazioni, dei morti in mare, ribellarsi sia un'urgenza che ci riguarda tutti. Per questa ragione non accetteremo che le lotte di quegli anni vengano rinchiuse in un’aula di tribunale: porteremo le nostre ragioni nelle strade di questa città, continueremo a portare il CIE per le strade di Torino. Antirazzisti contro la repressione Ti ricordi di Fatih?Mercoledì 27 febbraio – processo agli antirazzisti
Mercoledì 27 febbraio prima udienza del processo a 67 antirazzisti torinesi
La Procura mette in scena un processo alle lotte.
Si vuole ad ogni costo ottenere condanne per togliere di mezzo compagni e compagne che in questi anni hanno lottato contro le leggi razziste del nostro paese, in solidarietà ai senza carte rinchiusi nei CIE, agli immigrati/schiavi.
I 67 attivisti coinvolti nei due processoni sono accusati di fare volantini, manifesti, di lanciare slogan, di dare solidarietà ai reclusi nei CIE, di contrastare la politica securitaria del governo e dell’amministrazione comunale. In altre parole sono accusati di avere idee scomode, che si traducono in scelte politiche scomode.
Se sperano di spaventarci si sbagliano.
In questi anni le iniziative di opposizione al razzismo, alle politiche securitarie, al militarismo allo sfruttamento si sono moltiplicate sul territorio.
L’urgenza politica e morale di allora è la stessa di oggi.
Ma l’indignazione non basta. Bisogna mettersi di mezzo.
Rompere il silenzio sugli orrori quotidiani dei CIE, opporsi alle deportazioni forzate, agli sgomberi delle baracche, ai militari nelle strade, allo sfruttamento dei più poveri.
Porteremo il loro processo nelle strade di questa città!Sabato 2 marzo – Portiemo il CIE nel salotto della città! – presidio antirazzista
Il 27 febbraio e cominciato il primo di due processi agli antirazzisti che, tra il maggio del 2008 e il maggio del 2009, attraversarono l'esperienza dell'Assemblea Antirazzista Torinese.
La lotta contro i CIE ha segnato alcuni momenti importanti di quell'anno ed è oggi un fronte sempre più caldo di resistenza al razzismo di Stato nella sua concreta, quotidiana, materialità.
La morte di Fathi, un immigrato tunisino lasciato senza cure nell'allora "nuovo" CPT di Torino, fu il banco di prova di una relazione politica ancora embrionale.
La lotta che ne seguì fece da catalizzatore per quelle che seguirono.
Oggi le protesta di fronte alla casa del colonnello e medico Antonio Baldacci, responsabile per la Croce Rossa militare della struttura detentiva di corso Brunelleschi, è entrata nel fascicolo del processo.“Il CIE nel salotto della città”
Il 2 marzo con un presidio itinerante per il centro cittadino porteremo quella storia negata e dimanticata in mezzo alla città.
Appuntamento alle 15 in piazza Castello.
Sabato 23 febbraio punto info solidale con gli antirazzisti sotto processo
Sabato 23 febbraio punto info sul processo a 67 antirazzist*
a Porta Palazzo - sotto i portici all'angolo con corso GiulioRompere il silenzio
Negli ultimi vent’anni il disciplinamento dei lavoratori immigrati è stata ed è tuttora una delle grandi scommesse dei governi e dei padroni, che puntano sulla guerra tra poveri per spezzare il fronte della guerra di classe.
Nel nostro paese è stata costruita una legislazione speciale per gli immigrati, persone che, sebbene vivano in questo paese, devono sottostare a regole che ne limitano fortemente la libertà.
Chi si oppone alle politiche e alle leggi discriminatorie e oppressive nei confronti degli immigrati entra nel mirino della magistratura.
Tre anni fa la Procura giocò la carta dell’associazione a delinquere ed arrestò sei antirazzisti. Il teorema non resse in Cassazione ma la Procura voleva comunque mandare alla sbarra l’Assemblea Antirazzista torinese.
Oggi la Procura mette in scena un processo alle lotte. In due atti.
Il primo atto va in scena il 27 febbraioArance amare – mostra itinerante per i mercati di Torino – 26 gennaio 2013
Le arance, i mandarini, le clementine che fanno mostra di se nei mercati di Torino, sono state raccolte da lavoratori stagionali, che vengono pagati 50 cent alla cassetta di arance, 1 euro per cassetta di mandarini. Ogni cassetta pesa una media di 18/20 chili. In una giornata di lavoro la media arriva a 25 euro. In nero, non tutti i giorni ma solo quelli che il caporale ingaggiato dai padroni decide di sceglierti. Se alzi la testa, se reclami per i ritmi o per la paga, puoi anche andartene, perché nessuno ti chiamerà più.
I media ci raccontano di migrazioni epocali, di emergenze continue per giustificare le condizioni di vita indecenti di questi lavoratori. Per loro non ci sono tende o gabinetti funzionanti quando arrivano nella piana di Gioia Tauro per la raccolta degli agrumi. Di affittare una casa non se ne parla nemmeno: a Rosarno o a San Ferdinando una stanza costa come nel centro di Milano o Roma.
In realtà basterebbero pochi soldi per mettere su strutture decenti, basterebbero liste publiche per tagliare fuori i caporali, basterebbe che chi guadagna, e bene, sul lavoro degli stagionali, ci mettesse qualcosa del suo per garantire loro un letto e una doccia. Invece no. Così le tendopoli scoppiano subito, circondate da baracche fatte di lastre di amianto e teli di plastica, così per i bisogni ci sono buche a cielo aperto.
Quella dell'emergenza è una bufala che ci raccontano perché è più facile immaginare una fame tutta africana, che vedere la realtà. La realtà è fatta di operai del nord che hanno perso il lavoro e vengono a fare la raccolta per rimediare un salario, la realtà è fatta di richiedenti asilo che attendono da oltre due anni la risposta che consentirebbe loro di andare via, di cercarsi un lavoro stabile. La guerra in Libia è finita da due anni, ma i profughi di quella guerra vivono ancora in un limbo apolide.
Se vedessimo la realtà vedremmo che la condizione degli africani di Rosarno è ormai la condizione di tanta parte dei lavoratori italiani. L'unica emergenza è quella quotidiana di uno sfruttamento senza limiti, perché per i padroni non conta il colore delle pelle, ma quello dei soldi.
Le arance che mangiamo sono sempre più amare.Sabato 26 gennaio mostra itinerante e volantinaggio nei mercati delle zone popolari di Torino.
Appuntamento alle 9,30 in corso Palermo 46 - per info: 338 6594361Frontiere d’Europa. 30 nuovi centri di detenzione in Grecia
Grecia. Il ministro della protezione civile M. Chrysohoidis, ha annunciato ieri l'apertura di trenta nuovi centri di detenzione per immigrati in collaborazione con il ministero degli esteri.
Il ministro si è incontrato con i governatori di dieci province greche per verificare la loro disponibilità ad ospitare i centri. Ha anche fornito assicurazione che l'Unione Europea si è impegnata a versare 250 milioni di euro per i prossimi tre anni.
Per ciascuno dei centri sarà istituito un apposito presidio di polizia di almeno 150 agenti oltre a 70 guardie private, ogni 250 immigrati detenuti.
Secondo il piano presentato ogni centro sarà diviso in quattro sezioni, in ciascuna delle quali saranno rinchiusi 250 immigrati. Ognuno dei nuovi lager "ospiterà" 1000 senza carte, per un totale di 30.000 prigionieri.
La Grecia si candida così al ruolo di paese cuscinetto tra i paesi più ricchi dell'Unione e le aree di emigrazione. Un avamposto di frontiera, ben pagato per il servizio reso.-
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Cie di Gradisca: iniziano i lavori
Secondo i giornali locali i lavori di “messa in sicurezza” del CIE, dopo l’assegnazione dell’appalto, stanno per iniziare. Purtroppo pare che, contrariamente a quanto da più parti prospettato, il CIE non verrà svuotato: i lavori procederanno a lotti, diminuendo comunque la già ridotta capienza attuale, riducendo ancor più i posti disponibili nel circuito dei CIE.
Aggiornamento 20 gennaio: è giunta la conferma dell’imminente inizio dei lavori che dureranno sei mesi e verranno effettuati per lotti. Leggi la rassegna stampa qui
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Torino. Capodanno al CIE
Torino 1 gennaio 2011. Due blindati, due grupponi di poliziotti e finanzieri in assetto antisommossa e un folto nugolo di digos attendevano gli antirazzisti venuti a fare i fuochi di capodanno davanti al Centro di corso Brunelleschi.
In mattinata i quotidiani avevano diffuso la notizia che, grazie alla “direttiva rimpatri”, la normativa europea entrata in vigore il 24 dicembre, sei immigrati accusati di non aver ottemperato al decreto di espulsione, sono stati rimessi in libertà.
A Natale i reclusi avevano raccontato ai microfoni di radio Blackout di un pranzo a base di pasta fredda e immangiabile. Nel pomeriggio del 31 dicembre quattro grosse borse piene di cose buone sono state consegnate ai prigionieri delle quattro sezioni “operative” del Centro, la rossa, la verde, la viola, la gialla. Sorrisi e complicità hanno accolto il dono, specie nella sezione femminile.
In contemporanea, da un balcone di fronte, ben visibile dall’interno del CIE, è stato appeso uno striscione bianco con la scritta “Freedom”: un fumogeno rosso lo ha illuminato.
Allo scoccare della mezzanotte davanti al muro del Centro sono partiti slogan e battiture.
Libertà, libertà, libertà. E poi i fuochi, i petardi, i fumogeni. Quelli dell’antisommossa si sono spostati lesti lesti un po’ più in là. Gli antirazzisti, numerosi nonostante il freddo, si sono fatti sentire ancora più forte.
Un lungo anno è appena trascorso. Fuori e dentro le gabbie è cresciuta la resistenza: a noi tutti l’impegno perché non sia troppo in là un tempo senza muri e senza gabbie.
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Gradisca. Lavori, appalti e chiacchiere
Le feste non spengono l’attenzione sul CIE di Gradisca. Anzi. Il consigliere regionale Antonaz, dopo una visita alla struttura, ha rilasciato dichiarazioni roboanti. Ha detto che “la situazione al Cie è inaccettabile”, che quello di Gradisca va chiuso. Peccato che Antonaz se ne sia stato zitto per anni.
Non è da meno l’ormai celebre parroco di Gradisca, Maurizio Quaglizza, che dichiara ai giornali che “il Cie è angosciante come un carcere”. Peccato che non abbia nulla da dire sulla benedizione dei nuovi lampioni pagati da Maroni, per rendere più difficile la fuga dal Centro.
Ci sono invece importanti novità sui lavori di ristrutturazione e il nuovo bando per la gestione.
I lavori sono stati assegnati, la fortunata ditta è veneta, la Easy Light Impianti s.r.l. con sede a San Michele al Tagliamento in via Apicilia Pozzi 10, tel. 043154005-043154361, e-mail: easylight@netanday.it.
Chi sa? Potrebbe essere interessante telefonare o spedire una mail con una domanda semplice semplice: ristrutturare un lager è un lavoro come un altro?
Ancora non si sa quanto tempo ci vorrà per finire e neppure se in quel periodo il CIE sarà svuotato.
Di sicuro c’è che il 1 febbraio sapremo se CIE e CARA avranno un nuovo gestore.
A cinque anni dall’apertura del Centro friulano – era il 7 marzo del 2006 – il 2011 si annuncia all’insegna delle novità. Una bella ristrutturazione per rendere più difficili le fughe, e magari altri secondini al posto di quelli di Connecting People. Spetta agli antirazzisti fare il possibile, per incepparne i meccanismi.
Un buon augurio per l’anno nuovo? Che chiudano, e per sempre, tutti i CIE. Continua a leggere
Una vita a punti
Tra i tanti inghippi inventati dal governo per rendere complicata la vita degli immigrati c’è anche il permesso a punti.
Di che si tratta?
Naturalmente il nome vero è un altro: si chiama accordo di integrazione. Tradotto in italiano: io detto le regole e tu ti pieghi, perché altrimenti non sei sufficientemente integrato e quindi niente permesso di soggiorno.
Come quei software che non si attivano se non accetti le condizioni imposte dalla licenza, sei obbligato a sottoscrivere l’accordo di integrazione, dichiarando di aderire ai “principi della Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione” fissati dal Ministro dell’Interno nel decreto del 23 aprile 2007.
L’accordo ha come destinatari gli stranieri appena entrati in Italia. Avere in tasca un contratto di soggiorno non è più condizione necessaria e sufficiente al mantenimento del permesso di soggiorno. Al momento del rinnovo, dopo due anni, l’immigrato deve dimostrare di sapere l’italiano al livello “A2”, di conoscere la Costituzione nonché le regole imposte dallo Stato in materia di sanità, educazione dei figli, scuola, lavoro, tasse. Se non è in grado di presentare una documentazione che attesti il raggiungimento degli standard richiesti deve sottoporsi ad un test: se non lo passa viene buttato fuori anche se lavora.
L’accordo si articola in crediti che si possono accrescere acquisendo attestati che dimostrino di aver acquisito le competenze richieste, si possono anche perdere se si subiscono condanne o anche semplici denunce, o multe.
L’accordo di integrazione si mostra senza veli per quello che è: un’ulteriore selezione della manodopera immigrata. Gli immigrati con un buon livello di istruzione, con maggiori qualifiche professionali, messi in regola; gli altri, quelli che hanno studiato poco nel loro paese e certo non hanno tempo né modo di farlo in Italia, schiacciati sempre più nel limbo dei senza carte, per cui il lavoro e il futuro sono sempre più neri. Ma non solo, perché si introduce anche il voto di condotta, che può portare alla bocciatura anche l’allievo più diligente. Una scuola di disciplina per adulti.
Naturalmente non mancherà chi troverà il modo di farci dei bei soldi, perché è sin troppo facile prevedere quale enorme business saranno le scuole che rilasceranno le pagelle di idoneità. Per non dire dell’inevitabile traffico di attestati fasulli.
Ancora non è chiaro quando diverranno operativi gli accordi di integrazione per i nuovi arrivati.
Il 9 dicembre è invece stato introdotto il test di italiano per quelli che chiedono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Chi ha già o ha maturato i requisiti per il permesso di lungo soggiorno CE rischia, se non ce la fa, di non riuscire a rinnovarlo o ad ottenerlo.
A proposito… chi pensate che si occupi dei test? Il ministero dell’Interno, ovviamente! Che test e contratto di integrazione siano un tassello disciplinare nella vita degli immigrati lo dimostra che a gestirli sono le questure per conto del Ministero dell’interno, cui vanno fatte le domande, che fissa la data e luogo del test e ne comunica l’esito.
I test vanno fatti presso i Centri provinciali per l’Istruzione degli Adulti. Ma non tutti ci stanno a svolgere questa selezione di classe per conto del ministro di polizia: gli insegnanti che li fanno saranno pagati dal Ministero dell’Interno, esattamente come i poliziotti.
A Torino numerosi insegnanti del CTP Gabelli hanno annunciato con un lettera pubblica che rifiuteranno di fare i test, perché non vogliono essere complici.
Per capirne di più leggete la bozza di accordo di integrazione scaricata dal sito del ministero dell’Interno e il testo del regolamento del permesso a punti. Dulcis in fundo leggetevi l’elenco dei crediti decurtabili in caso di condanne, denunce o multe.
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Cie di Gradisca: gli sbirri vogliono anche i cani
Sull’inizio dei lavori di “ristrutturazione” il segreto è totale sia sui tempi, che sulle modalità nonchè sulla gara di appalto. La cosa non sorprende visto che fin dalla sua costruzione la struttura gradiscana è stata coperta da segreto di stato … Continua a leggere
Milano. Tentata fuga e rivolta al CIE
Milano, notte tra l’11 e il 12 dicembre. Hanno provato a scavalcare le recinzioni per riprendersi la libertà. Quando la polizia li ha bloccati hanno dato vita ad una rivolta: smontati i caloriferi li hanno usati come arieti spaccando tutto quello che potevano in due sezioni. Poi è partita la mattanza.
Un gruppetto di solidali si è radunato all’esterno del Centro per monitorare la situazione. Le ambulanze hanno portato via cinque immigrati, tre al S. Raffaele e due al S. Rita. Secondo quanto riferiscono le agenzie gli immigrati sarebbero stati dimessi in nottata. Non si sa se le sezioni danneggiate siano ancora agibili.
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Cie di Gradisca: tra scritte, preti e lampioni
Gradisca, 3 dicembre. Non accenna a placarsi il dibattito su quello che succede dentro e fuori le mura del CIE. Dopo i vari casi di autolesionismo dei giorni scorsi, ora è una scritta tracciata sulla facciata del comune di Gradisca a provocare le polemiche. Tutto accade pochi giorno dopo l’inaugurazione – con tanto di benedizione del parroco – dei nuovi lampioni intorno al CIE. Più luce intorno alle gabbie per garantire maggiore “sicurezza”. Per rendere la vita più difficile a chi cerca di riprendersi la libertà. Continua a leggere
Senza pietà. Dalla torre al CIE
Milano, 2 dicembre. 28 giorni in cima ad una torre con l’inverno alle calcagna. Alla fine erano rimasti solo in due, Marcelo ed Abder. Volevano arrivare almeno a sabato, ma non ce l’hanno fatta: una colica renale ha obbligato Abder a scendere, dopo poco è venuto giù anche Marcelo.
Abder aveva in tasca la ricevuta della sanatoria, ma sapeva che la sua domanda era stata respinta: la questura si era premurata di farglielo sapere il giorno prima. Abder è uno dei tanti che aveva sperato nella sanatoria “colf e badanti” per emergere dalla clandestinità: aveva pagato i contributi ma il suo padrone, presi i soldi, non si era mai presentato in questura per la conferma.
Poteva starsene tranquillo, in silenzio, nel limbo di vita sospesa di tutti i senza carte: con un po’ di fortuna non l’avrebbero preso. Ma in quest’autunno di ghiaccio gli immigrati alzano la testa, lottano per la libertà di muoversi, per la dignità, per una vita fuori dal margine in cui è stretta dalle leggi di questo paese.
La vendetta dello Stato non si è fatta attendere. Dopo un breve ricovero al Niguarda, Abder è stato preso in fretta e furia e portato di filato al CIE di via Corelli. I compagni hanno provato inutilmente a mettersi in mezzo.
Un corteo spontaneo è partito dal presidio sotto la torre verso la questura di via Fatebenefratelli. Ma per Abder è ormai tardi: quando lo rintracciano al telefono è già oltre il muro. Il presidio davanti alla questura, dopo lunghi momenti di tensione, si scioglie. Marcelo, essendo italo-argentino, ha la doppia nazionalità e può andarsene a casa.
A Milano, come già a Brescia, il governo non fa sconti. Hanno paura, paura che la lotta contro la sanatoria truffa si estenda, paura che nei campi del meridione, nei magazzini del nord, nei cantieri delle grandi opere, nelle fabbriche e nei mercati generali, qualcuno alzi lo sguardo verso una gru, verso una torre e si faccia coraggio. È andata male. A noi tutti il compito di rendere più solide le reti di sostegno intorno a chi lotta.
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Rilanciamo la lotta contro il CIE di Gradisca
È questo il titolo del volantino distribuito dai compagni/e del Coordinamento Libertario Regionale contro i CIE venerdì sera a Zugliano (UD) fuori dalla sala dove si svolgeva la presentazione del rapporto di Medici Senza Frontiere sui CIE.
Qui puoi leggere il volantino e la rassegna stampa.
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Egitto/Israele. Un altro muro
L’ultimo di cui sappiamo lo hanno ammazzato l’11 novembre. Aveva solo ventun’anni e fuggiva dalla guerra infinita che sta inghiottendo le vite di tanti giovani eritrei. Ma la guerra, quella contro immigrati e profughi, lo ha raggiunto ad un passo dal confine tra Egitto ed Israele. La polizia di frontiera egiziana gli ha sparato nel deserto del Sinai.
I giovani eritrei sono obbligati ad un servizio militare senza fine. Molti disertano e sono disposti a tutto pur di non tornare indietro. Chi viene riacciuffato è torturato atrocemente. “Non uccideteli. Se muoiono non soffriranno abbastanza”: sono le parole rivolte ai colleghi da una guardia carceraria eritrea.
Dopo gli accordi tra Italia e Libia per i respingimenti in mare di profughi e immigrati sono sempre di più quelli che provano la nuova rotta, aperta dai rifugiati dal Darfur, dopo la strage del 30 dicembre 2005. Quel giorno l’esercito egiziano assalì 3.500 sudanesi disarmati che da tre mesi erano accampati in segno di protesta nel parco “Mustafa Mahmoud”, al Cairo, non lontano dagli uffici dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Fu una strage. Tra i 25 morti c’era anche una bambina di quattro anni. Da allora i sudanesi del Darfur, cui è negato lo status di rifugiati, non provano più a rimanere in Egitto e tentano la strada per Israele.
Una traversata pericolosa come quella del mare, tra un deserto e guardie pronte a sparare.
Israele, dopo una breve stagione di accoglienza, ha deciso di sigillare le proprie frontiere. Con un Muro. Un altro muro delle vergogna, simile a quello costruito in Cisgiordania, verrà eretto lungo 110 dei 240 chilometri di confine con l’Egitto. La costruzione è cominciata il 22 novembre.
Non sappiamo se raggiungerà lo scopo di tenere fuori i 700 immigrati che ogni settimana provano a passare la frontiera. Sappiamo tuttavia che altri ragazzi vedranno spegnersi contro quel muro le loro speranze.
Sappiamo anche che le tariffe dei mercanti d’uomini sono destinate ad aumentare. È del 25 novembre la denuncia dell’associazione Habeshia diffusa dall’agenzia Amisnet di “ottanta profughi eritrei sequestrati al confine tra Egitto e Israele.” Pare siano partiti dalla Libia, pagando duemila dollari, ma ora i passeur pretendono di più.”
“Sono tenuti legati con le catene ai piedi, non hanno acqua per lavarsi da venti giorni, sono segregati in case nel deserto del Sinai, sotto minaccia di morte se non pagano ottomila dollari ai trafficanti di uomini”. La denuncia arriva dall’associazione Habeshia.
Leggi l’articolo pubblicato da PeaceReporter e quello comparso su Il pane e le rose
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Cie di Gradisca. Cosa nascondono?
La situazione dentro il lager dev’essere persino peggiore di quanto trapela all’esterno. Basta pensare che, pochi giorni dopo aver negato una visita alla CGIL, non hanno lasciato entrare nemmeno un consigliere regionale. La situazione al CIE di Gradisca sta facendo incazzare anche sindacati e strutture politiche che altrove – … Continua a leggere
Cie di Gradisca. Rivolta quotidiana. Un arresto
È tornata calda anzi caldissima la situazione nella struttura isontina. Dopo le tensioni dei giorni scorsi non accenna a calmarsi la situazione dentro il CIE. Tutto questo agitarsi dei reclusi sta continuando a far innervosire sbirri e istituzioni che si chiedono preoccupati che cosa potrebbe succedere se il centro – dopo lo svuotamento e i lavori – tornasse a piena capienza. Continua a leggere
Cie di Gradisca: tentativi di fuga e autolesionismo
Fra venerdì 19 e sabato 20 novembre nuovo tentativo di fuga dai tetti, questa volta purtroppo sventato. Inoltre, come sta succedendo anche in altri centri in questi giorni, ci sono stati diversi episodi di autolesionismo fra i detenuti.
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Una storia sbagliata. Il rapporto del Medu sul CIE di Roma
il rapporto di Medici per i diritti umani – MEDU – sul CIE di Ponte Galeria, visitato, tra mille difficoltà, nell’ottobre di quest’anno.
“Il centro presenta l’aspetto di una struttura penitenziaria. Il perimetro del CIE è delimitato da alte mura ed è posto sotto la vigilanza delle forze di pubblica sicurezza.
All’interno, le aree maschili e femminili sono delimitate da recinzioni costituite da sbarre alte 5 metri.” Continua a leggere
Bologna, Brescia, Torino. Cortei, cariche, arresti
Sabato 13 novembre, Bologna. Diverse migliaia di persone partecipano al corteo regionale contro la truffa della sanatoria colf e badanti, il permesso di soggiorno a punti, la Bossi-Fini, i CIE.
Sabato 13 novembre, Brescia. Il corteo indetto dalla “Rete antifascista bresciana”, aperto dallo striscione “Fuochi di resistenza” ha sfilato sino alle transenne piazzate dalla polizia per impedire di avvicinarsi alla gru. Qui è arrivata la notizia la notizia dell’ennesimo rifiuto alla richiesta di portare cibo e coperte ai quattro ragazzi lassù da 14 giorni: i manifestanti hanno provato a spostare le transenne, lanciato slogan e bottiglie contro la polizia. Il corteo è stato caricato con violenza per ben tre volte: numerosi i feriti. Cinque compagni sono stati fermati e altri tre arrestati.
Sabato 13 novembre, Torino. Un gruppetto di antirazzisti – solidali con le lotte dei migranti bresciani – fa un giro per il quartiere S. Salvario armato di striscione e megafono. Arrivano tre pattuglie di carabinieri e subito comincia un dialogo a suon di manganellate. Cinque compagni vengono portati nella caserma di via Guido Reni. Una trentina di compagni si raduna lì: in tarda nottata pareva certo li avessero arrestati tutti. Continua a leggere
CIE di Gradisca: lo svuotano davvero?
Se ne parla da mesi ma ora pare ufficiale. A causa dell’inizio dei lavori per la “messa in sicurezza” della struttura il Cie verrà completamente svuotato. E’ una bella notizia perchè significa che per qualche settimana vi saranno meno posti … Continua a leggere
Trapani. Nuova rivolta al CIE: cinque arresti
Martedì 9 novembre. Nella notte esplode una rivolta nel CIE Trapani, il “Serraino Vulpitta”. Mobili e suppellettili distrutte e lunghe ore di tensione. È finita con cinque arresti. Continua a leggere
CIE di Gradisca: fra assoluzioni e tensioni
E’ finito ieri uno dei processi che vedeva coinvolti i militanti antirazzisti che in questi anni si stanno battendo contro il CIE di Gradisca. Stavolta tutti i 24 imputati (fra cui numerosi anarchici del Coordinamento Libertario regionale contro i CIE) sono stati assolti.
Qui la rassegna stampa.
Intanto il CIE continua a navigare in brutte acque fra dipendenti incazzati per gli stipendi non pagati, capienza ridotta e tensioni e tentativi di fuga. Continua a leggere
Gradisca: 1,6 milioni di euro per il CIE
Ne parlano da tempo ma ora sembra che inizino davvero. Stiamo parlando dei lavori di ristrutturazione e “messa in sicurezza” del Cie di Gradisca. Come tutti sanno le continue fughe e rivolte (tanto da farlo ribattezzare “il colabrodo”) hanno notevolmente danneggiato la struttura nonchè ridotto la capienza. Ma pur di tamponare una situazione ingestibile hanno trovato i soldi e fatto il bando. Un bel po’ di soldi pubblici ancora una volta sottratti ai servizi sociali per alimentare la macchina infernale dei CIE. Continua a leggere