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Cie di Gradisca. Si naviga a vista

“Cie di Gradisca. Si naviga a vista” Così scrivono i giornali locali in questi giorni. nonostante un’estate tranquilla il fuoco continua a covare sotto le ceneri.  Nella notte tra domenica e lunedì sette tunisini hanno tentato di darsela a gambe. … Continua a leggere

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Cie di Gradisca: ancora repressione sugli antirazzisti

Mentre all’interno del CIE pare (il condizionale è d’obbligo visto il divieto di usare i cellulari scattato mesi fa) che non stia succedendo molto, all’esterno continua la piccola ma strisciante opera di intimidazione degli antirazzisti. Non è passato neanche un … Continua a leggere

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Cie di Gradisca. Slitta ancora il cambio di gestione

In molti CIE agosto è stato un mese particolarmente caldo. Nel lager isontino invece da lunghi mesi non si muove granché.
Il divieto di usare i cellulari ha interrotto i fili comunicativi che permettevano agli antirazzisti fuori di sapere cosa accadeva all’interno. Grazie alle rivolte di inizio anno la capienza della struttura è ancora ridottissima e i lavori di ristrutturazione procedono molto a rilento.
Ma questa non è l’unica anomalia. La gara di appalto tenutasi in febbraio era stata vinta dalla transalpina Gepsa – sede a Parigi – in associazione con Cofely Italia e le coop italiane Acuarinto di Agrigento e Synergasia di Roma ma il cambio di gestione viene rinviato di mese in mese. Dai giornali di ieri si viene a sapere che il passaggio slitta ancora a causa di indagini in corso sul nuovo gestore.

Aggiornamento al 2 settembre
Si apprende dai giornali locali che la gara di appalto è stata congelata dal tribunale di Trieste, per cui, nell’attesa di una decisione definitiva, la gestione del CIE resta al consorzio Connecting People sino a fine anno.
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Gradisca. Nuova gestione per CIE e CARA

Il Cie e il Cara di Gradisca cambieranno gestione per la terza volta. Dopo la cooperativa Minerva e il consorzio Connecting People il lucroso business passa alla transalpina Gepsa – sede a Parigi – in associazione con Cofely Italia e le coop italiane Acuarinto di Agrigento e Synergasia di Roma.
Gepsa e gli altri soci del “consorzio temporaneo d’impresa” messo su per l’occasione dovrebbero entrare in pista il primo maggio.
Le buste delle offerte erano state aperte il 1 febbraio in prefettura a Gorizia. C’era anche un gruppo di antirazzisti che disse la propria agli aspiranti aguzzini.
Le lotte antirazziste in questi lunghi mesi di resistenza migrante si sono intensificate culminando nella giornata di lotta del 12 marzo scorso – a cinque anni dall’apertura del lager – organizzata dai compagni del Coordinamento Libertario Regionale, mentre un nuovo presidio si è tenuto sabato 2 aprile.
Vedremo nei prossimi mesi come se la caveranno nuovi gestori di fronte alla voglia di libertà e rivolta che i reclusi hanno sempre espresso.
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Mineo. Il governo fa marcia indietro

Mercoledì 23 marzo. Ieri vi abbiamo raccontato della deportazione a Mineo dei primi tre richiedenti asilo provenienti dal CARA di Gradisca. Gli altri, blanditi con promesse di casa e lavoro, si stavano abituando all’idea del prossimo trasferimento. Oggi, all’improvviso, è arrivato il contrordine “non partite più”.
I media stanno diffondendo la notizia che il governo avrebbe fatto marcia indietro, rinunciando a concentrare a Mineo tutti i residenti asilo ospitati nei CARA. Oggi hanno cominciato a trasferire i 600 tunisini, imbarcati ieri dalla S. Marco, al “Residence degli aranci”.
Sempre oggi sei voli speciali da cento persone l’uno sarebbero partiti da Lampedusa.
Per quale ragione il governo avrebbe attuato un così rapido cambiamento di rotta?
È possibile che sia stata una questione di tempo.
Le operazioni di trasferimento dai CARA a Mineo stavano andando a rilento: in alcune località, come Roma, la resistenza dei richiedenti asilo e delle associazioni antirazziste stava mettendo i bastoni tra le ruote al ministero dell’Interno. Sul piano istituzionale il presidente della Regione Puglia, Vendola, ha scritto a Maroni denunciando le condizioni disumane in cui avvenivano i trasferimenti dal CARA di Bari a Mineo.
Nel frattempo la situazione a Lampedusa, già grave, stava diventando esplosiva, rendendo difficile tergiversare ancora.
Ancora non è chiaro lo status dei tunisini portati a Mineo: con ogni probabilità saranno considerati clandestini.
L’ambiguità deriva dalle dichiarazioni dello stesso ministro, che ha detto chiaramente che solo i libici hanno diritto a chiedere asilo, mentre i tunisini sono immigrati illegali. Tuttavia sinora la struttura di Mineo ha funzionato come centro per richiedenti asilo. La trasformeranno in un CIE?
Un richiedente asilo, trasferito negli ultimi giorni al “residence degli aranci” da una delle tante strutture della penisola, si è messo in contatto con gli antirazzisti della zona da cui proveniva. Ha raccontato che la situazione è molto tesa: alcuni sarebbero fuggiti, altri hanno inscenato proteste.
Un quadro che potrebbe complicarsi quando la struttura raggiungerà la massima capienza. D’altro canto al ministero dell’interno sono criminali ma non stupidi: immaginavano sin troppo bene che bomba avrebbero innescato concentrando a Mineo duemila tunisini.
Per questo hanno cercato sino all’ultimo di evitarlo.
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Volo speciale. Torino, Bari, Lampedusa. E ritorno

Martedì 22 marzo.
Torino Caselle. Due voli speciali diretti prima a Bari e poi a Lampedusa sono partiti alle 11,30 e alle 14. Non sappiamo quanti immigrati siano stati coinvolti nell’operazione ma non è difficile immaginare che sia una tappa nel gioco di bussolotti di Maroni.
Si caricano un po’ di immigrati a Torino e li si molla a Bari, dove, dopo la deportazione a Mineo di un centinaio di richiedenti asilo, c’è un po’ di spazio. Poi si vola a Lampedusa, si fa un carico di tunisini appena sbarcati, e li si porta ancora a Bari.

Torino. Non si placano le proteste nell’area verde del CIE. Dopo l’incendio che domenica notte ha mandato in fumo tre moduli abitativi su cinque, i reclusi, tutti tunisini, hanno dato alle fiamme tavoli e sedie della mensa, dove erano stati obbligati a dormire la notte precedente.
Radunati nel cortile e perquisiti sono stati privati degli accendini.
Altri reclusi si sono tagliati: due sono stati medicati in ospedale.

Gradisca. La rivolta e la fuga di domenica sono state di ben più ampie di quanto era stato fatto trapelare in un primo tempo. Secondo quanto riportano i giornali le stanze ancora agibili dopo le sommosse di fine febbraio sono state danneggiate ulteriormente.
Brutte notizie invece dal fronte del CARA, questa notte tre richiedenti asilo sono stati caricati su un aereo di linea e deportati a Mineo.
Gli operatori di Connecting People hanno blandito gli altri ospiti del CARA con promesse impossibili. Qualcuno ci ha creduto, altri no. C’è chi pensa che a Mineo troverà una villetta tutta per se e un lavoro; gli altri sono stanchi, insofferenti, rassegnati.

Roma. 29 richiedenti asilo sono stati trasferiti a Mineo dal CARA di Castelnuovo di Porto. Una ventina di attivisti di Action si erano incatenati all’ingresso principale per impedire la deportazione, ma sono stati beffati dalla polizia che ha fatto uscire i rifugiati da un ingresso laterale.
Il ministero dell’Interno aveva disposto lo spostamento di 55 persone: in seguito alle proteste di alcune associazioni, alcuni “casi vulnerabili” sono stati esclusi dalla lista.

La condizione dei richiedenti asilo concentrati a Mineo sarà ancora peggiore di quella attuale. Tutte le pratiche sono concentrate in un’unica commissione territoriale; chi ha fatto ricorso avrà difficoltà a partecipare alle udienze, tutte le reti di sostegno e solidarietà sviluppate sui vari territori vengono spezzate.
Ovviamente le sofferenze di chi già ha subito guerre e persecuzioni importano poco a Maroni. L’essenziale è accontentare l’elettorato leghista.
Ma il ministro è nei guai sino al collo. Il viaggio in Tunisia programmato oggi è stato rimandato di qualche giorno: segno che non sarà facile convincere il governo tunisino a mettere in atto misure di contrasto dell’immigrazione, nonché a mantenere gli impegni presi quest’estate da Ben Alì per il rimpatrio veloce dei clandestini. Gli aiuti promessi alla Tunisia per far fronte all’ondata di profughi sono stati ridotti ad un mero supporto al rimpatrio degli immigrati provenienti dal Bangladesh. Della serie: li portiamo a casa noi, così non rischiamo di ritrovarceli su un barcone diretto a Lampedusa. Non manca chi si chiede che fine abbiano fatto i soldi inizialmente stanziati per gli aiuti.
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CIE di Gradisca. Rivolta e fughe

Lunedì 21 marzo. Non è durata a lungo la quiete al CIE. Ieri un gruppo di prigionieri avrebbe tentato la fuga. Il sequestro dei cellulari impedisce da tempo i contatti diretti e, quindi, il condizionale è d’obbligo.
Secondo le agenzie sei immigrati sono riusciti a far perdere le proprie tracce mentre sette sono stati arrestati. In serata altri quattro o cinque sarebbero saliti sul tetto ma sono stati obbligati a scendere.
Oggi a Gorizia ci sarà una riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza, che discuterà anche del CIE di Gradisca. Da ormai quasi un mese i cento reclusi del CIE sono accampati nelle aree comuni del Centro, ormai quasi completamente distrutto dalle continue rivolte ed incendi.

Intanto nel vicino CARA sempre più forte è il timore che da un giorno all’altro i richiedenti asilo vengano deportati a Mineo.

Aggiornamento del 22 marzo: da quel che si apprende dai giornali di oggi la rivolta e la fuga di domenica sono state di ben più ampie di quanto era stato fatto trapelare in un primo tempo. Anzi. Le stanze ancora in piedi dopo le sommosse di fine febbraio sono state danneggiate ulteriormente.
Brutte notizie invece dal fronte del CARA, pare certo che questa notte tre richiedenti asilo siano stati deportati a Mineo.
Dentro i reclusi sono preoccupati ma decisi a resistere.
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Gradisca. Stato d’assedio

Sabato 12 marzo. Un imponente schieramento di polizia attende gli antirazzisti, che hanno risposto all’appello del Coordinamento Libertario contro i CIE, per una giornata di lotta e solidarietà.
Sono passati cinque anni dal giorno che il primo “ospite” venne spinto tra le mura dell’ex caserma Polonio dalle truppe dello stato. Fuori vi furono cariche, manganellate e lacrimogeni.
L’avevano progettato con cura, il lager isontino. Letti, tavoli imbullonati, poche suppellettili, mura e sorveglianza. Speravano di prevenire fughe e rivolte. Si sbagliavano e di grosso.
Non si contano più le fughe, le rivolte, le proteste, spesso finite tra botte e deportazioni.
Oggi del CIE non resta quasi più nulla. Gli incendi appiccati dai reclusi a fine febbraio hanno mandato in fumo le ultime camerate rimaste. Nonostante ciò il ministero dell’Interno mantiene aperta la struttura: dentro i reclusi sono in terra, senza materassi, con un solo bagno, privati dei cellulari.
Il giorno prima della manifestazione c’è stata la vista al CIE e al CARA del Comitato parlamentare Schengen, Europol ed Immigrazione. I parlamentari – due democratici e un leghista – vengono accolti da un immigrato che si taglia e sanguina davanti a loro. La delegazione conclude che il CIE deve essere chiuso e “messo in sicurezza”.

Tutti gli antirazzisti che arrivano per la manifestazione vengono fermati e controllati a lungo. Nonostante ciò oltre duecento compagni e compagne si ritrovano davanti al lager.
Sulla recinzione i richiedenti asilo del CARA hanno appeso un cartello “CIE=CARA”. Oggi gli ospiti del CARA sono prigionieri: li hanno chiusi dentro nonostante sia loro riconosciuto il diritto di uscire durante il giorno. 150 sequestri di persona decisi dalla questura per impedire ai ragazzi del CARA di partecipare alla manifestazione. Ma loro si fanno sentire lo stesso: chiamano gli antirazzisti, dicendo loro che il “bombardamento sonoro” è perfettamente riuscito. Sentono la musica e i tanti interventi solidali e gridano forte la loro rabbia.
Dal CIE non esce nulla. Probabilmente, dopo la protesta sul tetto dello scorso lunedì, il cortile è loro nuovamente interdetto. Sono dentro circondati dalla celere di Padova.
Vengono lanciate oltre il muro numerose palline con la scritta “libertà – freedom”.
In barba ai numerosi divieti della questura i manifestanti piazzano banchetti, cibo, ampli e presto la manifestazione deborda in strada: la provinciale viene bloccata per oltre tre ore.
I settori più moderati vorrebbero che una delegazione entrasse nel CIE, ma, dopo un lungo tergiversare, arriva secco il no della questura. La situazione dentro deve essere anche peggiore di quella mostrata dalle foto filtrate fuori dal CIE prima del sequestro dei telefonini. Nessuno deve vedere, nessuno deve raccontare la vergogna che si cela dietro quelle mura.
Le mura di un lager democratico. Continua a leggere

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Cie di Gradisca: provocazioni della questura per il presidio di domani

La questura di Gorizia si allinea a quanto già accade in altre città dove gli antirazzisti lottano per la chiusura dei centri per senzacarte, imponendo pesanti prescrizioni all’iniziativa contro i CIE di domani.
Molto pesante è la limitazione di orario (solo fino alle 19 mentre il programma prevede(va) fino alle 24).
Qui puoi leggere l’ordinanza.
Una ragione in più per accogliere l’invito del Coordinamento Libertario Regionale per questa giornata di lotta.
A cinque anni dall’apertura, tra botte e lacrimogeni, del CIE, l’ex caserma Polonio è ormai a pezzi, distrutta dalla rabbia dei reclusi. Ma il governo lo tiene aperto, obbligando i cento reclusi a dormire e mangiare a terra. Come cani. Continua a leggere

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CIE di Gradisca: reclusi sul tetto

Lunedì 7 marzo. Era solo questione di tempo. Inevitabile che la rabbia dei prigionieri di Gradisca esplodesse di nuovo. Da giorni dormono per terra, ammassati in cento negli spazi comuni di una struttura ormai inagibile dopo le rivolte di fine febbraio. Il sequestro dei telefonini li ha privati di ogni contatto con l’esterno. Nonostante abbiano inviato a Gradisca la celere di Padova gli immigrati hanno comunque trovato il modo di farsi sentire.
Oggi all’ora di pranzo alcuni di loro sono saliti sul tetto. I pochi antirazzisti della zona non mancano di tenere d’occhio il lager: quando li hanno visti hanno fatto girare la notizia. Più tardi i reclusi sono scesi.
La prefettura, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha sostenuto che non si è trattato di un tentativo di fuga, ma di una protesta contro le condizioni inumane di vita. I reclusi non possono nemmeno lavarsi e devono fare la fila per andare al gabinetto.
Il CIE è una polveriera. La tensione resta alta mentre si avvicina la manifestazione davanti al CIE del 12 marzo indetta dal Coordinamento Libertario Regionale.
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CARA di Gradisca. Verso la deportazione di massa a Mineo?

Venerdì 4 marzo. I segnali ci sono tutti. Ai richiedenti asilo del CARA di Gradisca sono stati tolti accendini e i telefoni cellulari dotati di fotocamera o videocamera. Se qualcuno non vuole farsi sequestrare l’apparecchio i poliziotti rompono l’obiettivo.
Il CARA della cittadina isontina è limitrofo al CIE, ormai inagibile dopo le rivolte della scorsa settimana, dove tuttavia sono ammassati come bestie un centinaio immigrati senza carte.
Maroni non vuole mollare ma sa bene che la situazione è diventata insostenibile.
La via d’uscita per il ministro leghista potrebbe essere proprio il CARA di Gradisca, prontamente svuotato dei suoi ospiti, e pronto per una rapida riconversione a CIE. Il Centro per richiedenti asilo può ospitare sino a 150 persone.
Ma non solo. L’accordo per l’utilizzo come CARA del residence Aranci di Mineo è ormai stato concluso con buona soddisfazione della ditta Pizzarotti e del governo italiano. Il residence “Aranci”, già utilizzato dai militari statunitensi di stanza a Sigonella, è già stato riconvertito da militare e civile. Fonti varie sostengono che a Mineo il nuovo CARA potrebbe presto aprire i battenti.
Dello stesso avviso gli attivisti della “Tenda per la pace e i Diritti di Gorizia”, che scrivono: “Al CARA si applicano le stesse regole del CIE. Trasferimenti in vista?

Il divieto dell’utilizzo e della detenzione di accendini significa costanti perquisizioni ad ogni ingresso nella struttura nei confronti di richiedenti asilo che, ricordiamo, secondo la legislazione italiana e le direttive europee, non possono essere trattenuti in stato detentivo.
Nel “centro di accoglienza”, inoltre, oltre alle perquisizioni di sigarette e accendini si è inasprito il controllo dei telefoni cellulari con fotocamere e videocamere. Eventuali proprietari di queste tecnologie hanno la libertà di scelta fra il sequestro dell’apparecchio o il danneggiamento dell’obiettivo da parte delle autorità preposte al controllo. Un bel colpo secco sulla telecamera. Si tratta di modalità piuttosto strane di dimostrare accoglienza.
Si stanno forse già implementando le prime misure del piano del Ministro dell’Interno per far fronte all’incremento degli ingressi dal Nord Africa? Al termine del consiglio dei ministri, Maroni ha annunciato che il Consiglio ha dato “il via alla realizzazione del Villaggio della solidarietà a Mineo”, in una struttura privata di proprietà della Pizzarotti S.p.A. Secondo il governo italiano, il supercentro di Mineo, farà da “modello di eccellenza in Europa nell’accoglienza dei richiedenti asilo”. Il modello prevede il trapianto dei richiedenti asilo attualmente ospitati nei Cara e dunque dislocati in diverse località italiane nella residenza siciliana, completamente isolata da ogni centro abitato dei dintorni ma attorno alla quale già si stanno costruendo sistemi di recinzione e di videosorveglianza…”

Agli antirazzisti il compito di attivarsi affinchè questo agghiacciante piano di deportazione non avvenga
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Gradisca. A terra, come bestie

Gradisca, 1 marzo. Il CIE è ormai inagibile da giorni: le rivolte e gli incendi della scorsa settimana hanno distrutto quasi tutto. Restano in piedi le aree comuni e una stanza da soli otto letti, per i cento immigrati.
Maroni non sa più che pesci prendere: i CIE sono stracolmi e non c’è più posto da nessuna parte. Ammettere il fallimento nelle politiche repressive verso i clandestini sarebbe uno smacco troppo grande per un Ministro dell’Interno leghista, che sulla “durezza” verso gli immigrati ha costruito gran parte delle proprie fortune. Per questo, infischiandosene allegramente delle condizioni di vita dei reclusi, Maroni fa finta che nulla sia capitato.
Maroni deve anche fare i conti con la Questura goriziana, che da tempo vuole che il CIE sia chiuso durante i lavori di ristrutturazione e mal tollera la scelta di mantenere comunque aperta la struttura.
Viene il dubbio che la scarsa solerzia dimostrata durante l’ultima rivolta – gli stessi reclusi davano per spariti i poliziotti – non sia stata del tutto casuale.
Domani i poliziotti dell’UGL faranno un presidio alla prefettura di Gorizia per protestare contro il mancato intervento del Viminale. Naturalmente agli uomini e alle donne in divisa non importa nulla degli immigrati: vorrebbero solo più personale, per evitare che tocchi a loro occuparsi di “questa tipologia di persone”. Una tipologia con spiccata attitudine alla resistenza, alla rivolta, alla libertà.
A rendere la vita difficile al povero Maroni ci si mettono anche gli antirazzisti, che provano a rompere il muro di silenzio che circonda i CIE.
Questa mattina sul sito di Fortresse Europe sono comparse alcune foto scattate il primo marzo nel CIE di Gradisca. I prigionieri dormono e mangiano in terra, in giacigli di fortuna, come bestie.
Vale la pena di far girare queste immagini, perché tutti sappiano quello che succede all’interno dei moderni lager della democrazia.
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CIE di Gradisca. Demolito, stanza dopo stanza

Gradisca, domenica 27 febbraio.
“A quasi cinque anni dall’apertura, passati tra continue rivolte, atti di autolesionismo e violente repressioni, il CIE di Gradisca d’Isonzo è stato distrutto dai suoi stessi reclusi molti dei quali provengono dalle rivolte nordafricane.”

Questo l’incipit del comunicato dei compagni del Coordinamento Libertario Isontino. Ed è anche l’epilogo di una vicenda cominciata il 7 marzo del 2006, quando tra scontri, botte e lacrimogeni, venne fatto entrare a forza il primo “ospite” della ex caserma Polonio.
Negli ultimi tre giorni i reclusi hanno dato alle fiamme la loro prigione, demolendola, stanza dopo stanza. Nel pomeriggio di oggi sono andate a fuoco altre sei camere. Per i 105 “ospiti” restano solo 8 letti: gli altri sono ammassati senza nulla nelle aree comuni.
Un’altra bella manciata di sabbia è stata lanciata nel motore della macchina delle espulsioni.
Giornata di informazione e lotta il 12 marzo al CIE di Gradisca.
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CIE. Sommossa a Gradisca, labbra cucite a Bologna

Giovedì 14 febbraio. Questa mattina i reclusi del CIE hanno dato fuoco ai materassi, danneggiando gravemente quattro stanze della zona blu del CIE. A dieci giorni dall’ultima protesta il Centro torna ad infiammarsi: fanno da detonatore le condizioni di vita sempre più dure, la mancanza di coperte, il cibo scadente, la voglia di libertà che alita sempre forte tra le gabbie dei senza carte.

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CIE: rivolta a Gradisca, sciopero della fame a Torino

Dopo un periodo di relativa calma la rabbia degli immigrati torna a esplodere nella struttura gradiscana.
Non sappiamo quando sia iniziata la rivolta.
Un’attivista antirazzista che passava di lì riferisce che intorno alle 20 al di là delle mura si vedeva un gran fumo. Poi sono arrivati i vigili del fuoco e un’ambulanza.
L’onda lunga delle proteste che investono da giorni numerosi CIE, da Bari a Restinco, da Modena a Torino, è arrivata anche a Gradisca.
Proprio ieri, trasferiti con un volo speciale da Lampedusa, erano arrivati 50 tunisini. Trenta richiedenti asilo sono stati portati al CARA, gli altri sono stati rinchiusi nel CIE.
La situazione potrebbe diventare ancora più incandescente, perchè le migliaia di tunisini approdati in pochi giorni in Italia potrebbero essere l’avanguardia di un esodo molto più ampio.
Al CIE di Torino gli immigrati sono in sciopero della fame da sabato sera. La maggior parte di loro viene dalla Tunisia. Sono preoccupati per le famiglie, non riescono a mettersi in contatto e temono per la loro sorte. Tutti sentono il vento di libertà che viene dal nordafrica.
La sezione delle donne è stata svuotata per far posto agli immigrati approdati a Lampedusa.
Domenica notte un gruppetto di antirazzisti ha fatto un veloce saluto ai reclusi: petardi, battitura di ferri, slogan. Da dentro si è levato un gran fragore.
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Contestazione alla gara per l’appalto del Cie di Gradisca

Gorizia, 1 febbraio. L’apertura delle buste per la nuova gara d’appalto per il CIE e il CARA di Gradisca era in programma questa mattina. Non potevano mancare gli antirazzisti.
Nei giorni precedenti erano girate molte voci sui candidati al ruolo di aguzzini, pronti ad incassare 15 milioni di euro in tre anni. Una torta ricca grossa.
C’era chi sosteneva che gli attuali gestori, quelli del consorzio Connecting People, non si sarebbero ripresentati. Ben otto le offerte arrivate in prefettura, compresi quelli di Connecting People, la Cooperativa Minerva, i Cavalieri di Malta e l’associazione culturale Aquarinto di Agrigento.
L’apertura delle buste avrebbe dovuto essere pubblica, ma ogni regola ha la sua eccezione. Dopo il rituale controllo dei documenti, la presidente della Commissione esaminatrice, tale Gloria Allegretto, ha sostenuto che la sala era piccola e potevano starci solo quelli che avevano un interesse soggettivo. Un interesse da 15 milioni di euro. Gli antirazzisti, il cui interesse è invece oggettivo, ossia la libertà di chi ha la colpa di essere povero e senza carte, dovevano stare fuori.
Un’imposizione che non potevano certo accettare: così in quella sala troppo piccola hanno trovato posto cartelli con le immagini ingombranti ed eccessive dei prigionieri del CIE con le bocche cucite con ago e filo. Prima di togliere il disturbo i compagni hanno gridato a gran voce “vergogna!”, “andate a fare un lavoro dignitoso invece di diventare aguzzini”, “tanto gli immigrati ve lo sfasciano di nuovo quel lager”.
Una buona occasione per ribadire che i CIE sono lager, chiunque li gestisca. Continua a leggere

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Gradisca: bloccati i lavori al CIE

I lavori di “messa in sicurezza” del lager gradiscano hanno subito un’immediata battuta d’arresto. Pare che vi siano delle irregolarità nelle offerte per il bando della ditta veneta cui erano stati assegnati. Si torna quindi ai blocchi di partenza. Confermata l’apertura delle buste nella … Continua a leggere

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Cie di Gradisca: iniziano i lavori

Secondo i giornali locali i lavori di “messa in sicurezza” del CIE, dopo l’assegnazione dell’appalto, stanno per iniziare. Purtroppo pare che, contrariamente a quanto da più parti prospettato, il CIE non verrà svuotato: i lavori procederanno a lotti, diminuendo comunque la già ridotta capienza attuale, riducendo ancor più i posti disponibili nel circuito dei CIE.

Aggiornamento 20 gennaio: è giunta la conferma dell’imminente inizio dei lavori che dureranno sei mesi e verranno effettuati per lotti. Leggi la rassegna stampa qui
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Gradisca. Lavori, appalti e chiacchiere

Le feste non spengono l’attenzione sul CIE di Gradisca. Anzi. Il consigliere regionale Antonaz, dopo una visita alla struttura, ha rilasciato dichiarazioni roboanti. Ha detto che “la situazione al Cie è inaccettabile”, che quello di Gradisca va chiuso. Peccato che Antonaz se ne sia stato zitto per anni.
Non è da meno l’ormai celebre parroco di Gradisca, Maurizio Quaglizza, che dichiara ai giornali che “il Cie è angosciante come un carcere”. Peccato che non abbia nulla da dire sulla benedizione dei nuovi lampioni pagati da Maroni, per rendere più difficile la fuga dal Centro.

Ci sono invece importanti novità sui lavori di ristrutturazione e il nuovo bando per la gestione.
I lavori sono stati assegnati, la fortunata ditta è veneta, la Easy Light Impianti s.r.l. con sede a San Michele al Tagliamento in via Apicilia Pozzi 10, tel. 043154005-043154361, e-mail: easylight@netanday.it.
Chi sa? Potrebbe essere interessante telefonare o spedire una mail con una domanda semplice semplice: ristrutturare un lager è un lavoro come un altro?

Ancora non si sa quanto tempo ci vorrà per finire e neppure se in quel periodo il CIE sarà svuotato.
Di sicuro c’è che il 1 febbraio sapremo se CIE e CARA avranno un nuovo gestore.
A cinque anni dall’apertura del Centro friulano – era il 7 marzo del 2006 – il 2011 si annuncia all’insegna delle novità. Una bella ristrutturazione per rendere più difficili le fughe, e magari altri secondini al posto di quelli di Connecting People. Spetta agli antirazzisti fare il possibile, per incepparne i meccanismi.
Un buon augurio per l’anno nuovo? Che chiudano, e per sempre, tutti i CIE. Continua a leggere

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Cie di Gradisca: gli sbirri vogliono anche i cani

Sull’inizio dei lavori di “ristrutturazione” il segreto è totale sia sui tempi, che sulle modalità nonchè sulla gara di appalto. La cosa non sorprende visto che fin dalla sua costruzione la struttura gradiscana è stata coperta da segreto di stato … Continua a leggere

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