Milano. In duemila con quelli della torre

Sabato 20 novembre. Un corteo ha attraversato le strade del quartiere, rendendo visibile la condizione drammatica dei lavoratori immigrati a Milano. La manifestazione, partita dal presidio sotto la torre della ex “Carlo Erba”, in via Imbonati, dopo un ampio giro nel quartiere, vi ha fatto ritorno. Spezzato il tentativo di Comune, Provincia e Regione di isolare i tre immigrati che resistono lassù dal 5 novembre.
Un corteo incazzato ma anche allegro, consapevole che sarà una risata a seppellire le ingiustizie e farà piazza pulita di padroni e governi.
Buona metà dei partecipanti erano immigrati: hanno sfilato contro la truffa della sanatoria colf e badanti, per il permesso di soggiorno a tutti, contro i CIE, dispositivo repressivo costruito per instillare la paura. I tre sulla torre la paura l’hanno lasciata giù.

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Torino. Niente cure per chi si fa male

Torino, lunedì 22 novembre. Continua la lotta al CIE di Torino, dove, venerdì 19, quattro detenuti si erano cuciti le bocche, altri due avevano ingoiato pile. I sei immigrati, tutti tunisini, dopo le medicazioni in ospedale erano stati liberati con voglio di via. Secondo alcune fonti di stampa, supportate dalla notizia che nessuno conosceva l’italiano, i sei avrebbero fatto parte di un gruppo di “clandestini” sbarcato di recente all’isola d’Elba.
Il giorno successivo altri ragazzi si cuciono la bocca, ingoiano oggetti e vengono posti in isolamento. Nell’area rossa, dove erano stati concentrati i prigionieri evacuati dalla gialla, alcuni detenuti cominciano uno sciopero della fame.
La mattina successiva la polizia sequestra i telefonini nell’area rossa per impedire i contatti con l’esterno.
Nel pomeriggio alcuni prigionieri si tagliano con una lametta mani e piedi per protestare per la mancata assistenza a chi si era cucito le labbra o ingoiato pile.
I centralini del CIE sono intasati dalle telefonate degli antirazzisti che esprimono la loro indignazione.
In un’intervista al Corriere della Sera, il questore Aldo Faraoni esprime il timore che le proteste – a suo avviso teleguidate dall’esterno – si estendano. Non resta che sperare che le peggiori paure di Faraoni si rivelino del tutto fondate.

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Milano. Blocco alla Billa: la polizia carica e pesta

Sabato 20 novembre. I lavoratori della cooperativa CLO, che ha in appalto i magazzini Billa di Villamaggiore, in lotta da mesi, bloccano la strada cha porta ai magazzini. Sono le tre del mattino: a quell’ora arrivano i camion del freschissimo.
Polizia e carabinieri, che di solito facevano fare il lavoro sporco ai caporali della coop, questa volta attaccano direttamente e pestano duro.
Il coordinamento di sostegno alle lotte nelle cooperative lancia per lunedì 22 una giornata di boicottaggio dei magazzini Billa.

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CIE di Bologna. Idranti dell’esercito contro reclusi e antirazzisti

Domenica 21 novembre. Al CIE di via Mattei c’era un presidio in solidarietà ai migranti reclusi.
Come in altre occasioni, i manifestanti tentavano di comunicare con l’interno dall’impianto di amplificazione. Stavolta però, intorno alle 17,30, i soldati dell’esercito che, insieme a polizia e carabinieri, stazionano dentro e fuori la struttura, hanno usato il getto degli idranti sia per respingere all’interno delle camerate i migranti che cercavano di avvicinarsi alle inferriate per ascoltare e rispondere ai dimostranti, sia, dall’interno verso l’esterno, contro gli antirazzisti stessi. Una camerata sarebbe stata completamente bagnata, così come i vestiti di ricambio di tutti. Il clima è molto rigido.

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Milano. Sul tetto del CIE

Milano, sabato 20 novembre. Al CIE di via Corelli, mentre un corteo antirazzista attraversa la città, i reclusi salgono sul tetto.
Il vicesindaco di Milano, De Corato, dichiara a caldo “In via Corelli è in atto l’ennesima protesta da parte dei clandestini. Un film visto e rivisto che non possiamo più tollerare. Questa farsa deve finire. Se non vogliamo che il centro di identificazioni ed espulsioni chiuda definitivamente. Ricordo infatti che la capienza del Cie è di 112 posti. A seguito delle rivolte una trentina sono diventati inagibili. E di questo passo, tra proteste, disordini e rivolte non ne rimarrà più nessuno.”
Non possiamo che auspicare che Riccardo De Corato abbia visto giusto e che, pezzo dopo pezzo, i senza carte smontino le loro prigioni.
Dopo qualche ora i ragazzi sono scesi dal tetto: una pioggia impietosa rendeva difficile resistere ancora.

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Cie di Gradisca: tentativi di fuga e autolesionismo

Dopo qualche tempo di quiete torna la tensione al Cie di Gradisca. Fra venerdì 19 e sabato 20 novembre nuovo tentativo di fuga dai tetti, questa volta purtroppo sventato. Inoltre, come sta succedendo anche in altri centri in questi giorni, ci sono stati diversi episodi di autolesionismo fra i detenuti. In quattro si sarebbero cuciti le labbra.
E tutto questo mentre si attende lo svuotamento di cui si parla da mesi.
Leggi l’articolo del Messaggero Veneto di domenica 21 novembre.

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Trieste. Contro la sanatoria truffa. Ma non solo

Sabato 20 novembre. Il corteo, circa trecento tra immigrati e italiani, ha attraversato le strade della città, con numerose soste e tanti interventi per far sentire la voce di chi lotta contro l’asservimento del lavoro migrante e la truffa della sanatoria colf e badanti. Un meccanismo infernale che ha il suo coronamento nei CIE e nella macchina delle espulsioni.
Più invadente del consueto il dispiegamento di polizia. Nonostante questo è stato un corteo molto comunicativo e di forte impatto in città.
La lunga resistenza degli immigrati bresciani e milanesi è la scintilla che in questa giornata ha ridato gambe – anche a Trieste – a chi oggi si batte per il permesso di soggiorno. Nell’auspicio che presto nessuno debba più chiedere permesso.
Leggi qui il volantino distribuito dal Comitato Primo Marzo, promotore dell’iniziativa.
Qui foto e rassegna stampa.

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Torino. Bocche cucite al CIE

Torino 19 novembre. Riparte, forte e disperata, la protesta nel CIE di corso Brunelleschi. Nella tarda mattinata un recluso si cuce la bocca per protestare contro il prolungarsi della detenzione: lo mettono subito in isolamento. Non riescono tuttavia a bloccare il diffondersi della protesta. Nel tardo pomeriggio tre immigrati si cuciono le labbra, altri due ingoiano pile.

Questa sera – ore 21,30 – presidio solidale davanti al CIE di corso Brunelleschi
Aggiornamento.
Una cinquantina di antirazzisti ha partecipato al presidio davanti al CIE tra interventi, slogan e i tamburi della Samba Band.  Numerosi blindati di polizia e carabinieri presidiavano il Centro.
Da dentro fanno sapere che un ragazzo si è cucito anche le palpebre.
Tutti sono stati ammanettati e portati in ospedale. Non si trovano tuttavia né al vicino Martini di via Tofane, né al Mauriziano dove, secondo alcune voci, sarebbero stati dirottati.
Da dentro i reclusi urlano a salutano. Poi il silenzio si riprende la notte.

Sabato 20 novembre.
I quattro immigrati con le labbra cucite, tutti tunisini, dopo le medicazioni in ospedale vengono liberati con voglio di via.
In mattinata altri sei prigionieri dell’area gialla si cuciono le labbra. La risposta della polizia non si fa attendere: i sei sono messi in isolamento, le sezioni gialla e viola vengono circondate e parte una perquisizione. L’area gialla viene evacuata e i detenuti sono trasferiti in quella rossa. Proseguono i gesti autolesionisti: un ragazzo beve detersivo, un altro manda giù degli oggetti. A quelli dentro raccontano che la sera prima c’era solo un pugno di solidali: evidente lo scopo di fiaccarne la resistenza.
Nel pomeriggio una dozzina di antirazzisti fa un presidio volante al CIE con slogan e interventi: dall’interno rispondono con grida e battiture.

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Torino. Fini e Olivero, compagni di merende

Torino 19 novembre. Una ventina di compagni della Rete “10luglioantirazzista” si sono dati appuntamento al Sermig, dove era atteso il presidente della Camera, il (post)fascista Fini. Aperto uno striscione in cui campeggiava la scritta “Fini fa i clandestini, Olivero ci fa i quattrini” hanno accolto rumorosamente Fini. Carabinieri e digos di sono schierati a difesa del corteo di auto blu.
Alcuni passanti, anziani del quartiere con la memoria lunga, si sono uniti agli antirazzisti che gridavano “fascista!”, “razzista!”.
Non basta una visita a Porta Palazzo per rifarsi una verginità: la legge che condanna alla clandestinità ed alla schiavitù tanti lavoratori stranieri ha la firma di Gianfranco Fini.
In quanto a Olivero – complice delle politiche razziste di tutte le amministrazioni – ne è stato ripagato ampiamente. Così ha costruito il suo impero della “solidarietà”.
“Siamo qui per ricordare ad Olivero che la solidarietà non è un business, e a Fini che la sua legge ha prodotto espulsioni, respingimenti, reclusioni e morti di cui non ci dimentichiamo, anche se cambiano le alleanze, i soggetti politici e la faccia è sempre più sorridente sopra il doppiopetto”. 
Così il comunicato diffuso dagli antirazzisti.
Di seguito il testo integrale.
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Una storia sbagliata. Il rapporto del Medu sul CIE di Roma

Si deve scoprire un crimine che si adatti alla punizione
e ricostruire la natura dell’internato per adattarla al crimine
(Erving Goffman, Asylums.
Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violenza.)

Con questa citazione da Goffman si apre il rapporto di Medici per i diritti umani – MEDU – sul CIE di Ponte Galeria, visitato, tra mille difficoltà, nell’ottobre di quest’anno.
“Il centro presenta l’aspetto di una struttura penitenziaria. Il perimetro del CIE è delimitato da alte mura ed è posto sotto la vigilanza delle forze di pubblica sicurezza.
All’interno, le aree maschili e femminili sono delimitate da recinzioni costituite da sbarre alte 5 metri.”
Una giovane immigrata nel CIE da quattro mesi racconta “Spesso ci davano da mangiare il cibo scaduto il giorno prima. Nei bagni c’erano i topi e nel centro c’era sporcizia ovunque. Una volta un ragazzo africano ha provato a scappare sui tetti ma è stato raggiunto da venti poliziotti che lo hanno riempito di botte. Da parte degli operatori c’era poco rispetto verso noi donne, forse perché la maggior parte di noi veniva dalla strada.”
“…lo stesso responsabile dell’ente gestore ha definito ‘disumana’ la decisione di prolungare i tempi di trattenimento a 6 mesi in posti ‘dove al massimo si potrebbe resistere 15 giorni’.”
L’ente gestore del lager di Ponte Galeria è la cooperativa Auxilium, subentrata a gennaio alla Croce Rossa che ha gestito il CPT e poi il CIE sin dal 1998, quando la legge firmata da Livia Turco e Giorgio Napolitano li istituì.
Verrebbe da chiedere al responsabile dell’Auxilium come mai sia disposto a gestire un luogo progettato in maniera tanto disumana. Ma la risposta la sappiamo già: i Centri sono un affare decisamente lucroso. Et pecunia non olent. I soldi non puzzano.

Nelle conclusioni gli autori auspicano un superamento della detenzione amministrativa ed un diverso modo di trattare la clandestinità, perché “in effetti, quella dei CIE appare essere proprio la storia sbagliata di un’istituzione, per troppi aspetti, inumana, ingiusta, inefficiente ed inutile.”
Anche chi è attento alla tutela della persone non vede che la clandestinità la fanno le leggi.
Senza Stati, confini, barriere, filo spinato, nessun essere umano è illegale.

Scarica qui il rapporto.
Di seguito un articolo comparso su Repubblica del 17 novembre
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Bari. Sommossa, incendio, due arresti

18 novembre 2010. Due immigrati tentano la fuga ma vengono intercettati ed arrestati. Nel tardo pomeriggio scoppia una sommossa, i reclusi si scontrano con la polizia, due moduli abitativi sono distrutti dalle fiamme.
Leggi l’articolo su Repubblica.

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Dopo la gru. Ancora una rappresaglia

Giovedì 18 novembre. Lo avevano preso lunedì a Milano, mentre stava andando in Prefettura per cercare di impedire la deportazione dei 9 egiziani rastrellati sotto la gru dopo la cariche dell’8 novembre. Mohamed detto “Mimmo”, attivissimo nelle lotte degli immigrati bresciani, questa mattina è stato prelevato dalla cella di isolamento al CIE di via Corelli e condotto in aeroporto. A nulla sono valse le pressioni del suo avvocato e l’azione solidale degli antirazzisti milanesi che hanno occupato gli uffici aeroportuali di Egypt Air, la compagnia complice della deportazione.
Il volo delle 14,05 è partito con a bordo il suo bottino di guerra. La guerra dello Stato italiano contro gli immigrati che alzano la testa.
Nel pomeriggio, a Brescia, assemblea per far ripartire il presidio. Appuntamento alle 17,30 sul sagrato della chiesa di S. Faustino.

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Brescia: giù dalla gru. L’assedio, la trattativa, la deportazione, la dignità

Arun, Sajad, Jimi e Rachid decidono di scendere dalla gru dove erano saliti dal 30 ottobre. Sono le otto e mezza di lunedì 15 novembre: la pioggia, impietosa, scroscia da ore.
Le prime parole di Arun sono per gli egiziani deportati quello stesso giorno: “non abbiamo fatto nulla per loro, abbiamo fallito”. Dignità e forza nelle parole di un uomo rimasto su quella gru per 17 giorni, mentre l’assedio si stringeva, sotto la pioggia, al freddo, per 48 ore senza cibo né acqua.
Ascolta il suo intervento a Radio Onda d’Urto.

Facciamo un passo indietro.
Sabato 13 novembre. L’indiano Kuldip Singh, il primo dei sei immigrati a scendere dalla gru, processato per direttissima e condannato a sei mesi perché “clandestino”, inizialmente scomparso, “riemerge” e fa pubblica abiura, chiedendo agli altri di cessare la protesta. Seduto a fianco del questore, Singh recita la parte che gli viene richiesta. In cambio avrà il rinvio dell’espulsione per motivi di “giustizia”. Il ministero dell’Interno non si accontenta di botte, denunce e deportazioni, vuole mettere in ginocchio chi resiste perché non sia d’esempio ai tanti lavoratori immigrati piegati dalla schiavitù legale imposta dal nostro ordinamento.
Quello stesso giorno il corteo degli antifascisti, giunto sotto la gru, viene caricato dopo aver cercato di forzare il blocco che impediva il passaggio di cibo e viveri ai ragazzi sotto assedio.

Brescia, domenica 14 novembre. Si stringe il cerchio intorno ai quattro sulla gru. La questura prova a fiaccarne la resistenza, alternando lusinghe e minacce, cercando di prenderli per fame e per sete. Cgil, Cisl, Curia e IDV costituiscono un tavolo di mediazione per convincerli a scendere. I quattro accettano di trattare ma ammoniscono “Non portate via i ragazzi rinchiusi nei Cie altrimenti ci arrabbiamo”. Solo in tarda serata, dopo lunga trattativa, finisce la tortura: roba da bere e da mangiare sale sulla gru.

Torino, lunedì 15 novembre. Sei egiziani, rastrellati dalla polizia durante le cariche dell’8 novembre sotto la gru e poi rinchiusi nel CIE di corso Brunelleschi a Torino, vengono condotti all’aeroporto di Malpensa e deportati in Egitto con un volo Egypt Air. Stessa sorte capita a quelli rinchiusi nel Centro di via Corelli a Milano. Per ore si susseguono false notizie sulla deportazione degli egiziani, più volte confermata e smentita. Un gruppo di antirazzisti monitora l’ingresso del CIE di Torino per l’intera mattinata.

Milano, lunedì 15 novembre. Due attivisti bresciani diretti in prefettura a Milano per tentare di impedire la deportazione degli egiziani vengono fermati e condotti in questura. Uno dei due, Mohamed detto “Mimmo”, viene trattenuto e forse rinchiuso nel CIE: la sua domanda di regolarizzazione è stata respinta.
Intorno a mezzogiorno antirazzisti ed immigrati protestano davanti al consolato egiziano, perché il governo di quel paese ha dato il nulla osta alle deportazioni, dichiarando che gli immigrati in lotta a Brescia erano “una vergogna ed un disonore per il paese”.

Brescia, lunedì 15 novembre. La trattativa va avanti per l’intera giornata: i ragazzi non si fidano e, anche se sono stremati, discutono tutto il giorno. Scendono tra gli applausi della gente del presidio intorno alle otto e mezza di sera. Accanto a loro non vogliono che gli avvocati e chi li ha appoggiati in questo lungo novembre. Politici e mediatori sono tenuti a distanza.
Rachid finisce in osservazione in ospedale perché disidratato: di acqua lassù non è mai arrivata a sufficienza. In questura Jimi e Arun vengono identificati e poi rilasciati: per loro si prospetta un permesso per motivi di “giustizia”. Ancora non sappiamo se la questura rispetterà gli impegni liberando anche Sajad e Rachid.

Termina così la lunga resistenza sulla gru.
Il governo ha caricato, arrestato, picchiato, deportato i migranti in lotta e chi li ha sostenuti. Chi si batte per la dignità e la libertà fa paura. Fa paura lo schiavo che alza la testa, che dice no, che resiste per se e per tutti.
Non finisce qui: da ogni dove arrivano segnali di lotta.

Non è che l’inizio.

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Bologna, Brescia, Torino. Cortei, cariche, arresti

Sabato 13 novembre, Bologna. Diverse migliaia di persone partecipano al corteo regionale contro la truffa della sanatoria colf e badanti, il permesso di soggiorno a punti, la Bossi-Fini, i CIE. In testa il Coordinamento migranti di Bologna, poi gruppi, associazioni, semplici cittadini dal resto della regione e anche dal Veneto e dalla vicina Lombardia. Tante parole e poca musica in una giornata che ha dato voce ai migranti in lotta contro un sistema che ha “lo scopo di produrre clandestinità” e, quindi, “persone sfruttabili e ricattabili”. Il lungo serpente – tanti gli immigrati – ha percorso i viali, ma ha solo sfiorato il centro vietato alle manifestazioni dal governo della città, grazie ai poteri speciali concessi da Maroni lo scorso anno.
All’arrivo in piazza XX settembre i manifestanti hanno sostato a lungo, quando da Brescia sono giunte le notizie di violente cariche di polizia al corteo antifascista ed antirazzista.
Dai un’occhiata alle foto del corteo bolognese sul sito di Repubblica

Sabato 13 novembre, Brescia. Forza Nuova aveva annunciato un corteo in città: all’ultimo i fascisti rinunciano ma gli antifascisti scelgono comunque di manifestare in solidarietà con i quattro immigrati che resistono sulla gru di piazza Cesare Battisti. Sono lì dal 30 ottobre, quando la polizia ha caricato e distrutto il presidio davanti alla prefettura che andava avanti da oltre un mese.
Nell’ultima settimana, dopo le violente cariche di lunedì 8 novembre, la gru è sotto assedio. Due immigrati sono stati indotti a scendere con lusinghe e minacce. Uno di loro, l’indiano Singh, ha pagato cara la fiducia in un rappresentante del governo del suo paese: subito arrestato è stato condannato a sei mesi per “clandestinità” ed è scomparso. Forse in un CIE, forse deportato.
Il corteo indetto dalla “Rete antifascista bresciana”, aperto dallo striscione “Fuochi di resistenza” ha sfilato sino alle transenne piazzate dalla polizia per impedire di avvicinarsi alla gru. Quando hanno saputo che la polizia impediva di portare cibo e coperte ai quattro ragazzi lassù da 14 giorni, i manifestanti hanno provato a spostare le transenne, lanciando slogan e bottiglie contro la polizia. Il corteo è stato caricato con violenza per ben tre volte: numerosi i feriti. Cinque compagni sono stati fermati.
Guarda il video sulle cariche di CTVtube street: si vede chiaramente un manifestante a terra pestato da quelli dell’antisommossa.

Sabato 13 novembre, Torino. Un gruppetto di una decina di antirazzisti – solidali con le lotte dei migranti bresciani – fa un giro informativo sui marciapiedi del quartiere S. Salvario armato di striscione e megafono. Incrociano tre pattuglie di carabinieri: uno sputo colpisce un ufficiale, i militari non gradiscono e parte un dialogo a suon di manganellate. I militari pestano duro, cinque compagni finiscono nella caserma di via Guido Reni. Una trentina di solidali si raduna lì: in tarda nottata pareva certo li avessero arrestati tutti.

Domenica 14 novembre, Milano. Assemblea sotto la torre di piazzale Maciachini, dove, il 5 novembre, sono saliti diversi immigrati. Nonostante la pioggia battente c’è tantissima gente: si alternano al microfono antirazzisti e “senza carte” di varie località del norditalia ma non solo: tutti insistono sulla necessità che la lotta si allarghi ad altre città, non lasciando soli i ragazzi sulla torre e sulla gru a Milano e a Brescia. Peccato per la penosa passerella di politici venuti a cercare crediti elettorali. C’è da sperare che le loro tristi sirene restino inascoltate. Questo governo è deciso a non mollare: hanno fondato le loro fortune sul pugno di ferro contro gli immigrati e non torneranno indietro, se l’estendersi ed il radicarsi delle lotte non li indurranno a più miti consigli.

Domenica 14 novembre, Brescia. Intorno alle 15 gli immigrati sulla gru urlano e lanciano bottiglie: chiedono a gran voce cibo e acqua. Uno di loro si sporge pericolosamente su uno dei bracci della gru. Un gruppo di preti di varie religioni costruisce un tavolo di mediazione: alla fine vari carichi di roba da mangiare e da bere salgono sulla gru. Per gli scontri del giorno precedente due compagni sono stati denunciati a piede libero.

Domenica 14 novembre, Torino. Una settantina di antirazzisti di varie aree si da appuntamento in piazza Madama Cristina per un giro informativo sui pestaggi e gli arresti del giorno precedente. La polizia si tiene alla larga.
Aggiornamento a martedì 16 novembre. Il Gip libera tutti e cinque gli antirazzisti: a due impone l’obbligo di firma: tutti saranno processati per resistenza e oltraggio.

Di seguito una rassegna stampa.
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Torino. Un attimo di rabbia, sei mesi di carcere

Torino, 12 novembre 2010. Due immigrati condannati a quattro e sei mesi di reclusione per una protesta al CIE.
È il 17 agosto di quest’anno. Al CIE di Torino c’è tensione: sono passate solo tre settimane dalla rivolta del 14 luglio, dalla resistenza sul tetto del tunisino Sabri, che lottava per non essere deportato, quando mancavano pochi giorni alla fine dei sei mesi che lo Stato italiano ruba alle vite dei “clandestini”.
Qualche bottiglia d’acqua – di quelle piccole di plastica – vola verso i poliziotti. Due immigrati vengono tratti in arresto con l’accusa di resistenza. Un breve momento di rabbia nei giorni tutti uguali di chi sta in gabbia.
Uno, Ali Bouchri, viene liberato dal Gip, perché accusato di poco o nulla e per lui scatta la deportazione in Marocco, l’altro, Bilel Abdaoui, finisce alle Vallette.
Nella prima udienza del processo – con rito abbreviato condizionato – è subito chiaro che le “prove” a carico di Bouchri e Abdaoui sono carta nel vento: verbali che non dicono nulla, un testimone che non riconosce nessuno, i filmati sull’episodio spariti per “errore”.
Ma tanto basta alla giudice Pane, dopo cinque minuti di riflessione, condanna Bouchri a quattro mesi, Abdaoui a sei. I poliziotti hanno sempre ragione anche quando non ricordano niente, confondono tra loro gli imputati, si perdono “le prove”.
Alcuni antirazzisti presenti in aula hanno salutato Bilel all’uscita.
Il suo difensore ne ha chiesto la scarcerazione, il PM non si è opposto.
La corte si è riservata di decidere. Tra quattro o cinque giorni Bilel Abdaoui saprà se trascorrerà l’inverno in carcere o al CIE. O, chi sa? Magari in Tunisia. Imbarcato a forza.

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Torino, Bologna, Livorno, Reggio Emilia, Parma, Milano, Firenze. Siamo tutti sulla gru

Alla notizia dello sgombero, con cariche pestaggi e arresti, del presidio sotto la gru di piazza Cesare Battisti a Brescia, in molte località si sono svolte manifestazioni, cortei e azioni in sostegno agli immigrati bresciani in lotta dal 28 settembre contro la sanatoria truffa.

Livorno, 8 novembre. Nel pomeriggio un gruppo di antirazzisti si è dato appuntamento in piazza Grande per un presidio informativo.

Bologna, 8 novembre. Oltre 300 persone si sono trovate in piazza Nettuno per un presidio convocato al volo tramite sms e mail. Tanti gli immigrati.
Il prossimo appuntamento è per sabato 13 per il corteo regionale contro la sanatoria truffa.

Reggio Emilia, 8 novembre. Oltre duecento immigrati ed antirazzisti si sono radunati in piazza Prampolini. Entrati poi in comune hanno interrotto la riunione del consiglio comunale leggendo un documento di solidarietà con gli immigrati e gli antirazzisti bresciani.

Torino, 9 novembre. Oltre duecento persone hanno aderito all’appello della Rete “10luglioantirazzista” per un presidio solidale con le lotte degli immigrati e degli antirazzisti bresciani. Dopo un’ora di interventi e volantinaggio, un corteo spontaneo ha fatto un breve giro in centro.
Sabato 27 novembre corteo cittadino – ore 14 da Porta Nuova.

Parma. Scritte per la liberazione degli arrestati a Brescia sono comparse nella notte nei quartieri San Leonardo e nella zona di via Saffi.
Prossimo appuntamento: presidio davanti alla prefettura venerdì 12 novembre.

Milano, 10 novembre. Gli immigrati resistono da cinque giorni sulla torre di via Imbonati e non intendono mollare. Nonostante la militarizzazione della zona, continua, giorno e notte il presidio di sostegno.

Firenze, 12 novembre. Un centinaio di compagni e antirazzisti, nell’ambito della campagna contro la costruzione di un Cie in Toscana, hanno partecipato ad un presidio davanti alla Prefettura in via Cavour in solidarietà con gli immigrati di Brescia e Milano sulla gru e sulla torre.

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CIE di Gradisca: lo svuotano davvero?

Se ne parla da mesi ma ora pare ufficiale. A causa dell’inizio dei lavori per la “messa in sicurezza” della struttura il Cie verrà completamente svuotato. E’ una bella notizia perchè significa che per qualche settimana vi saranno meno posti disponibili nei vari Cie e quindi meno persone vi saranno rinchiuse. E’ un’ulteriore conferma che le lotte e le rivolte interne hanno degli effetti molto concreti. Staremo a vedere dopo i lavori cosa succederà e quanti immigrati rinchiuderanno. Guarda la rassegna stampa di oggi.

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Trapani. Nuova rivolta al CIE: cinque arresti

Martedì 9 novembre. Nella notte esplode una rivolta nel CIE Trapani, il “Serraino Vulpitta”. Mobili e suppellettili distrutte e lunghe ore di tensione. È finita con cinque arresti.
È la seconda rivolta in meno di quindici giorni. Segno che la lotta al Vulpitta, come negli altri CIE italiani, non cede nonostante le botte, gli arresti, le espulsioni sempre più veloci.
Di seguito l’articolo comparso sul sito di Tele sud.
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Brescia: cariche e fermi al presidio solidale

Lunedì 8 novembre. La polizia arriva alle 6 del mattino per sgomberare il presidio solidale sotto la gru, dove dal 30 ottobre resistono sei immigrati in lotta contro la sanatoria truffa.
Violentissime cariche si susseguono per l’intera mattinata. 
Numerosi i feriti e i fermati. Il centro della città è sotto assedio.
La violenza dello Stato in armi è la risposta di Maroni al grande corteo di sabato scorso.
Ore 16. Una trentina i fermati dalla polizia con l’accusa di resistenza e incitamento alla disobbedienza alle leggi. In via S. Faustino si è riformato un presidio di circa 300 persone. Gli immigrati sulla gru – uno si è legato un cappio al collo ed è seduto sospeso sul vuoto – resistono ma sono sotto assedio.

Ore 19. Il bilancio della giornata è molto pesante: sei arresti – due italiani e quattro immigrati – 12 stranieri senza carte sono stati rinchiusi nei CIE, in attesa di espulsione. Tre a Milano, cinque a Torino, degli altri non si sa: è possibile che siano già stati deportati.

Ore 21. Tensione al presidio in via S. Faustino tra i cinquecento immigrati e antirazzisti e la polizia in assetto antisommossa: qualche spintone poi cala una calma tesa. Il presidio prosegue tutta la notte.
Aggiornamenti su Indymedia e su radio Onda d’urto.

A Reggio Emilia presidio di solidarietà dalle 18 in piazza Prampolini.
A Bologna altro presidio in piazza Nettuno dalle 18.

Martedì 9 novembre. Dalle 17,30 presidio solidale in piazza Castello angolo via Garibaldi a Torino. Scarica qui il comunicato della Rete “10luglioantirazzista”
Mercoledì 10 novembre. Presidio dalle 15 in piazza dell’Esquilino, di fronte al ministero dell’Interno a Roma.
Venerdì 12 novembre. Presidio davanti alla prefettura di Parma alle 17.

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Torino: Piazza antirazzista. E corteo

Torino, 7 novembre. La piazza del mercato cede il passo alla piazza antirazzista in una domenica d’autunno bagnata e grigia. Un pomeriggio ed una serata piene delle facce e delle storie di chi a Torino vive la condizione migrante, tra sfruttamento bestiale, retate di polizia, discriminazione. A pochi giorni dall’emanazione del nuovo pacchetto sicurezza la Torino antirazzista si è data appuntamento a S. Salvario per incontrarsi, scambiare idee, costruire la resistenza ai nuovi e vecchi dispositivi legislativi che ricattano la vita degli immigrati nel nostro paese.
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